Wilder Mind, la nuova fase dei Mumford & Sons non convince
Queste sono le parole con cui i Mumford & Sons hanno presentato Wilder Mind, l’atteso nuovo album uscito il 5 maggio per Glassnote/Universal che a sorpresa ha stravolto il sound del quartetto folk londinese: “Verso la fine del tour di Babel suonavamo sempre nuove canzoni durante il soundcheck e in nessuna c’era spazio per il banjo o per una kick-drum. Non ci siamo mai detti: no strumenti acustici, ma penso che ognuno di noi avesse in sé il desiderio di fare qualcosa di diverso. Il nostro modo di scrivere non è cambiato drasticamente, si è solo fatto guidare dal desiderio di non fare ancora la stessa cosa. In più ci siamo innamorati della batteria, semplicemente!”, ha dichiarato il tastierista Ben Lovett. I Mumford & Sons si erano fatti conoscere con il loro album di debutto Sigh no more del 2009 e soprattutto con il successivo Babel del 2012 proprio per il suo sound acustico. Invece di proseguire su quella strada certa, che li ha anche portati a vincere il Grammy Award come miglior disco dell’anno proprio con Babel e che ha prodotto moltissimi emuli del loro stile, i Mumford & Sons hanno scelto di passare a sonorità elettriche.
In sostanza, come ha efficacemente scritto il sito web americano allmusic.com, mentre molti vogliono assomigliare ai Mumford & Sons, i Mumford & Sons hanno deciso di essere altro. Se l’intenzione è comprensibile e lodevole il risultato finale è spesso deludente, perché con Wilder Mind la band inglese assomiglia a tanti altri bravi gruppi rock contemporanei al limite del mainstream. Dove è finito lo spirito folk e old style segreto del loro fascino? In qualche modo queste caratteristiche si potevano mantenere anche senza l’uso del banjo che li aveva resi celebri e in qualche modo originali. Il disco, che ha poco di selvaggio (“wild”), scivola in modo piacevole grazie all’indiscutibile bravura dei musicisti e alla produzione curatissima, non lasciando però il segno. Si distinguono i brani Cold Arms, che rispolvera il tono introspettivo e acustico degli album precedenti, Only love, ballata minimal con esplosione rock finale nella quale si evidenziano le doti canore di Marcus, e la ballata intimista Hot gates, tutti stranamente inseriti nella parte finale del disco. Peccato, ma siamo certi che per il prossimo album i Mumford & Sons ripartiranno con il piede giusto.
Redazione
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