Vi racconto The Leftovers, che poteva essere (quasi) come Lost
di Gennaro Pesante, in Blog, New media, Recensioni, Serie tv, Televisione, del 17 Lug 2017, 14:44
L’ho fatto di nuovo. Ho visto tutto d’un fiato le tre stagioni della serie tv “The Leftovers – Svaniti nel nulla”. L’ho fatto fondamentalmente perché l’autore principale è Damon Lindelof, già produttore ideatore e sceneggiatore di “Lost”, di cui avevo visto tutto d’un fiato le sei stagioni lo scorso anno. La curiosità era tanta e l’episodio 1 devo ammettere allettante. Poi quando ho scoperto che la terza stagione era quella conclusiva ancora meglio! Così mi sono avventurato. E la cosa più sorprendente è che, pur essendo cambiato il mondo (della tv) dal 2010 (anno della sesta e ultima stagione di Lost) The Leftovers aveva tutte le caratteristiche per diventare un magnifico “viaggio”. E invece, dopo un avvincente percorso assieme a personaggi con cui familiarizzi con facilità e colpi di scena a ogni episodio, ecco che arriva in un sol colpo un finale, che peraltro non si vede, che viene raccontato dal personaggio di Nora al protagonista Kevin. E tutto termina qui. Come se qualcuno vi raccontasse la fine di un film che non avete potuto vedere. E che non vedrete. Un finale che devi prima dedurre – e questo va bene – e che puoi solo immaginare perché il tutto si esaurisce negli ultimi minuti dell’ottavo e ultimo episodio della terza stagione.
Le domande restano e ne restano tante. Ma questo è al limite il tratto distintivo di una serie tv che poteva durare più a lungo nel tempo. E invece la frettolosa chiusura sembra più un “taglio” che un finale pensato. Eppure, nonostante tutto ciò, l’impresa – niente affatto voluta, o dovuta – di avvicinarsi a Lost c’è eccome. Lindelof offre lo stesso spaccato visto nella mitica serie che narra le vicende del “volo Oceanic 815”. Un gruppo di persone destinato a vivere insieme situazioni di grande stress emotivo, tra amore e rabbia, pentimenti e riscatti, un’epopea di umanità che si somiglia molto. E forse, sapendo con quali difficoltà e criticità venne accolto il finale di Lost, viene da pensare che nel caso di The Leftovers gli autori magari abbiano voluto risparmiarsi strascichi di inutili polemiche. Proprio Damon Lindelof venne costretto a chiudere i suoi profili social perché bersagliato dai fans di Lost che non accettavano il finale della serie tv. E di matti in giro, specie sulla rete, come si sa ce ne sono sempre troppi.
Però è comunque un peccato. Considerato il finale aperto che viene raccontato da Nora, sarebbe stato interessante sviluppare ancora di più quel percorso almeno per un’altra stagione. D’altra parte, se da un lato il finale di Lost alla fine è quasi banale – erano tutti morti! – in questo caso la frattura che si sarebbe creata nello spazio-tempo tra chi è “dipartito” e tutti gli altri poteva offrire ancora parecchi spunti di narrazione. Soprattutto considerato il fatto che, a quanto sembra, tutti erano ancora in vita e che in qualche modo fossero addirittura raggiungibili.
A ogni modo, e volendo farsi bastare le tre stagioni, il messaggio che resta non è privo di significato. Avere fede, credere nella vita e negli affetti, coltivare i rapporti umani e sostenere in ogni caso la famiglia (anche quelle allargate) rende The Leftovers comunque una bella esperienza televisiva. Breve ma intensa. E, al pari di grandi successi come Lost, mantiene alta l’asticella della qualità delle serie tv prodotte dall’altro capo del mondo. E se esistesse, da qualche parte in Texas, la cittadina di Jarden non dimenticate di andare a visitare il “parco nazionale di Miracle”. Lì vivono 9.261 persone. Nessun dipartito.
Gennaro Pesante
Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.