Un manifesto per l’editore indipendente
Sta volgendo al termine l’inchiesta di Cultora in merito al futuro dell’editoria. La scorsa settimana abbiamo concluso un capitolo importante che ha visto protagonisti i lettori e il rapporto che hanno con le case editrici. Il prossimo passo è volgere lo sguardo verso l’editoria indipendente, schiacciata dal peso dei colossi editoriali. Autrice del manifesto per The Bookseller è Bethan James, collaboratrice dal 2015 per l’editore indipendente Accent Press.
Le dimensioni non contano
Le case editrici piccole e indipendenti possono ancora competere efficacemente con le grandi compagnie. La dimensione può essere un vantaggio, permettendoci di lavorare con maggiore flessibilità e adattandoci meglio alle mutevoli tendenze digitali rispetto ai grandi competitors. “Grande” non sempre vuol dire “meglio”.
Accettate che le abitudini dei lettori si evolvono
La soglia di attenzione delle nuove generazione è minore, e la lettura mobile è in aumento. Un sondaggio tra i consumatori di Publishing Technology rivela che il 43% di loro ha letto un e-book, o una parte, sullo smartphone. Invece di ignorare o provare a cambiare questa situazione, abbracciatela. Chiedetevi sempre in che modo le piattaforme e i prodotti possono incontrare i nuovi bisogni.
Pensate fuori dai libri
Guardando ciò che gli altri editori fanno in campo digitale c’è il rischio di perdersi tutti gli altri settori. La TV e l’industria cinematografica si stanno trasformando in nuovi servizi di abbonamento come Netflix. Amazon Prime Music sta scuotendo il mercato musicale offrendo centinaia di playlist legalmente. Le case editrici indipendenti hanno l’abilità di sperimentare nuovi metodi senza dover arrancare tra burocrazia e culture aziendali avverse al rischio.
La chiave è la qualità, non la quantità
Questa massima vale nel mondo digitale come in qualsiasi altro contesto. Editori da milioni di sterline possono avere una ventina di piattaforme social, da Instagram a Pinterest. Ma se nel vostro marketing team avete un minor numero di persone rispetto ad aziende che hanno risorse da destinare solo all’aggiornamento dell’account Twitter, è meglio focalizzarsi sulla gestione di poche piattaforme.
Digitale non vuol dire solo e-book
L’audiolibro è un settore in crescita su cui l’editore indipendente deve focalizzarsi. Secondo Publishing Association, il download di file audio nel 2014 è aumentato del 24% rispetto all’anno precedente.
Sperimentate con le nuove tecnologie
Considerate la realtà aumentata: l’esperienza di lettura ha il potenziale per attingere a tutti i nostri sensi. Ad esempio le tue mani potrebbero tremare leggendo con un e-reader brani di alta tensione di un thriller. Fate dell’immaginazione l’unico limite.
Sfruttate la fluidità dei ruoli
Il coordinatore della produzione potrebbe essere impegnato in un’entusiastica condivisione del nuovo aggiornamento sulla pagina Facebook. Gli autori potrebbero aiutare con la pubblicità ospitandosi a vicenda sui propri blog. Oggi chiunque può essere un marketer e contribuire a diffondere la parola, dall’assistente amministrativo al CEO. Le realtà più piccole hanno la possibilità di avere maggior interazione tra i reparti.
Nel complesso riteniamo che gli editori indipendenti possano essere tanto piccoli quanto potenti. Più del 70% delle entrate di Accent Press arrivano dagli e-books, e il digitale ci permette di competere nel mercato globale. Così la tecnologia digitale, sfruttata nel modo giusto, può aiutarci a picchiare duro in un’industria dominata da grandi giocatori.
Un manifesto a tratti banale ma che, in linea di principio, delinea l’obiettivo di un editore indipendente, ossia distinguersi in un mercato sovraffollato e controllato da pochi grandi editori. Il ragionamento di Bethan James verte in due direzioni strettamente interconnesse:
- puntare sulla qualità
- saper sfruttare la tecnologia digitale a disposizione
Distinguersi, per il grande editore, vuol dire strillare più forte degli altri attraverso strategie di comunicazione invadenti. Per il piccolo editore, o meglio per l’editore indipendente, deve significare pubblicare libri sì di qualità ma difficili da trovare nella grande distribuzione, senza limitarsi a un catalogo di nicchia. L’editore indipendente si deve giostrare tra ciò che è puramente commerciabile e le proprie ambizioni di editore, evitando di “prostituirsi” per realizzarle, in un delicato equilibrio fatto di compromessi, in cui può rendersi necessario proporre un titolo di massa − ma comunque di qualità − per finanziare la “vera” linea editoriale, che altrimenti non avrebbe lettori.
Emergere, sì nella pubblicazione, ma anche nella comunicazione. Quest’ultimo punto è comune a tutti i manifesti finora pubblicati, in particolar modo nell’ultimo, e non a caso: il digitale, oggi, non può essere un’isola su cui sbarcare quando si ha voglia, ma deve essere preso in considerazione da tutti, grandi e piccoli, in strategie di comunicazione e di produzione originali ed efficaci. In una parola crossmedialità, o “l’abilità di fare contenuti e quella di distribuirli su protocollo Internet” (Treccani).
Eppure, nonostante il digitale sia il presente e il futuro, limitarsi a questo quando è possibile la convivenza tra innovazione e tradizione appare riduttivo. “La piccola editoria resiste alla crisi partendo dai giovani e dall’incontro fra autori, editori e lettori”, così inizia il comunicato stampa che tira le somme dell’edizione 2014 di Più libri più liberi. Presenziare alle fiere del libro è una scelta sempre vincente per un editore indipendente, il quale, nello spirito del manifesto, potrà puntare dapprima sull’impatto visivo − da non sottovalutare in un contesto pieno di stimoli come una fiera − e in seguito sulla seduzione del lettore, il quale, una volta catturata la sua attenzione, se lo vorrà potrà rimanere in balìa dell’editore.
A discapito delle raccomandazioni della James, gli audiolibri e gli e-books interattivi rientrano nelle decisioni personali della casa editrice, al pari della scelta di offrire un catalogo di narrativa per ragazzi o di sola saggistica; un editore indipendente, capace e consapevole, deve riuscire a emergere nel mercato rimanendo fedele alla propria idea di libro senza chiudersi in tradizionalismi controproducenti. Come già detto, l’editoria si poggia su un delicato equilibrio.
Federica Colantoni
Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.