Terrore a Bruxelles: com’è stato possibile colpire la città più sorvegliata del mondo
Non è per nulla un buongiorno. L’attacco terroristico di questa mattina all’aeroporto Nazionale e alla metropolitana di Bruxelles è l’ennesima escalation di paura. La dinamica e gli autori dell’attacco sono ancora da chiarire e il bilancio delle vittime è in continuo aggiornamento. Per adesso si parla di 34 morti e decine di feriti.
Appare molto probabile, tuttavia, che si tratti di attentati terroristici riconducibili ai seguaci dello Stato Islamico, che hanno voluto prendersi la propria revanche dopo l’arresto di Salah Abdeslam.
Gli obiettivi degli attacchi, l’aeroporto Zaventem e le fermate della metropolitana di Maelbeek e Schuman, nel cuore del quartiere sede delle istituzioni europee, non sono ovviamente casuali.
Prima Parigi e poi Bruxelles. L’Unione Europea sicuramente esiste per chi vuole colpirla e abbatterla, mentre è in dubbio che esista per chi dovrebbe difenderla.
Noi di Cultora ci siamo chiesti come sia possibile che uno dei posti più sorvegliati al mondo, quale era proprio Zaventem, l’aeroporto Nazionale di Bruxelles, possa essere colpito con così brutale efficacia.
Fonti vicine all’Interpol ci hanno dato qualche risposta interessante. Sono da prendere in considerazione due ordini di problemi, distinti ma connessi: uno fa riferimento al contesto legislativo e giudiziario, l’altro al contesto più specificatamente sociale.
Sia in Francia che in Belgio esiste uno stato fortemente libertario, nel quale la liberté del privato cittadino è un valore estremamente tutelato dalla legislazione nazionale.
Molto problematica, in particolare, si dimostra la lacuna di strumenti legislativi adeguati che permettano di effettuare perquisizioni senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Lacuna che aveva già dimostrato i suoi effetti negativi in occasione della fuga di Salah nel Novembre scorso.
In Italia le forze dell’ordine possono procedere alla perquisizione senza l’autorizzazione del Pubblico Ministero, in presenza di gravi indizi a carico di un individuo o gruppo di individui e in casi di estrema urgenza. Se è vero che spesso le forze di polizia abusano di tale strumento, è vero anche che se gli indizi sono particolarmente gravi, l’operazione diviene della massima urgenza e spesso non c’è il tempo di chiedere ed ottenere l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, perché quel lasso di tempo potrebbe essere utilizzato dall’incriminato per fuggire o occultare le prove del reato.
Si tratta sicuramente di strumenti invasivi che permettono di derogare al normale rapporto tra autorità e cittadino. Francia e Belgio possono adottare tali provvedimenti solo in stato di emergenza, che deve però essere giustificato, come abbiamo visto, da circostanze molto particolari. Per aggirare questi problemi e arginare la minaccia terroristica si stanno introducendo modifiche attraverso lavori parlamentari oggi in atto.
Per quanto riguarda la repressione, l’ordinamento giuridico francese e belga non autorizza l’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine, salvo che si tratti di legittima difesa. Al contrario in Italia l’articolo 53 del codice penale autorizza l’uso legittimo delle armi da parte delle forze di polizia al fine di impedire delitti. Aggiunge quindi una giustificazione ulteriore alla legittima difesa.
C’è poi da considerare un importante aspetto di esperienza organizzativa. Francia e Belgio, al contrario dell’Italia ad esempio, non hanno dovuto fare i conti né con il terrorismo rosso e nero degli anni ‘70, né con la mafia. In altre parole, non hanno fatto i conti con reti criminali organizzate capillarmente su un territorio. Si trovano quindi oggi per la prima volta a fronteggiare emergenze di questo tipo.
A determinare poi la complessità del contesto sociale francese e belga è l’elevato grado di radicalizzazione dei giovani islamici. A Parigi e Bruxelles, quartieri come Saint Denis o Molenbeek, sono dei veri e propri ghetti in cui l’immigrato, anche di seconda generazione, radicalizza l’odio sociale filtrandolo attraverso l’estremismo islamico, divenendo infine arma del terrorismo. In Francia sono stati allestiti centri di ascolto che raccolgono informazioni su percorsi di radicalizzazione in atto, con risultati ancora non soddisfacenti.
La risposta a questo tipo di situazioni drammatiche non può che essere unitaria, dal momento che colpendo Bruxelles, questa mattina, gli attentatori hanno colpito anche Madrid, Roma e Berlino.
Ad oggi è chiaro che l’Unione Europea esiste per chi vuole distruggerla, deve esistere anche per chi vuole difenderla.