Tanto per cominciare…
Poiché chi vi sta scrivendo è un critico letterario nonché un fermo sostenitore della tesi secondo la quale la critica è scomparsa dai quotidiani italiani, o ne occupa degli spazi di ridicola estensione, inizierò a discorrere con voi proponendo un tema di carattere critico letterario: I promessi sposi.
Perché – ci si chiederà – proprio questo romanzo storico italiano? E con quale approccio?
Una doverosa rispostina unica a tali domande, poi via con il dibattito, che desidero sia innanzitutto, civile e rispettoso – oltre che approfondito, come si addice a un pubblico maturo e alla ricerca di contenuti sostanziali, non di chiacchiere superficiali (per queste ci sono altri, tanti luoghi in cui sbizzarrirsi a scriverle o leggerle).
Parleremo insieme di quel romanzo perché è l’opera letteraria fondante della lingua moderna usata dal nostro popolo; perché propone un punto di vista chiaro e netto sulla civiltà e la Storia italiane; perché ha una trama ben congegnata ed avvincente; perché è basato su una morale ben precisa e su una analisi dell’approccio morale del popolo italiano; non ultimo: perché è scritta con sentimento patriottico, stile personale, passione, profondità d’animo e tecnica narrativo-affabulatoria di invidiabile bellezza e lunga, faticosa elaborazione.
Insomma un’opera, I promessi sposi, costata al Manzoni dei sacrifici che meritano, anche nel 2014, una discussione, seppur modesta, su queste pagine elettroniche. Elettroniche sí, ma in verità non troppo distanti dal 1840.