Roma, quale idea di futuro per la Capitale?
di Simone Morichini, in Blog, del 21 Apr 2017, 09:00
Passeggiando lungo i viali che costeggiano il Policlinico universitario di Tor Vergata, è impossibile non notare la maestosa costruzione della Vela dell’archistar spagnolo Santiago Calatrava. Assunta ormai a simbolo di degrado urbano e sperpero di denaro pubblico, quest’imponente struttura, progettata per i Mondiali di nuoto del 2009 e fulcro della Città dello Sport, simboleggia plasticamente la persistente mancanza di lungimiranza delle classi dirigenti che si sono alternate al governo della Capitale. È solo uno dei tanti esempi che si potrebbero mettere su un ipotetico tavolo delle occasioni perse dalla Città Eterna per conciliare sviluppo, lavoro e prosperità. E che ci ricorda drammaticamente, oggi che ricorre l’anniversario della fondazione della Città Eterna, alcune domande che, silenziosamente, molti si fanno ma nessuno pone con la dovuta fermezza: dove sta andando Roma? Quale idea di futuro per la Capitale? Le non eccelse “prestazioni” fornite dalle diverse amministrazioni comunali succedutesi negli ultimi anni dovrebbero indurre l’opinione pubblica a riflettere sullo stato di salute dell’Urbe e su quale progetto intraprendere per farla tornare punto di riferimento a livello mondiale. Se pensiamo alle amministrazioni di Gianni Alemanno, Ignazio Marino e l’attuale di Virginia Raggi non possiamo non rilevare come esse siano state più frutto di particolari circostanze che non di consapevoli progetti politico-culturali. Dilettantismo e superficialità (a voler essere generosi) ne hanno caratterizzato e ne stanno contraddistinguendo l’azione amministrativa in quanto nessuno di questi Sindaci, e le relative forze politiche, aveva elaborato un’analisi dello stato della città e un coerente disegno basato su un’idea di futuro di Roma. Il crescente fallimento della Giunta 5Stelle si sta ormai palesando in tutta la sua evidenza vista la persistenza invivibilità dei quartieri e la scarsa qualità della vita se solo si pensa alle carenze del trasporto pubblico locale, alla cura del verde pubblico e ai servizi al cittadino partendo dal sociale e arrivando alla cultura. La sensazione che si prova vivendo la quotidianità cittadina è quella di una situazione stagnante, di un limbo esistenziale dove ogni giornata è identica a quella appena trascorsa e dove non accade nulla di realmente coinvolgente a livello di immaginario pubblico. S’è smarrita un’idea dello sviluppo del territorio, su come conciliare attività economiche, moderne infrastrutture e rispetto dell’ambiente. Di fronte a questo prevedibile sfacelo, è chiaro che qualsiasi partito o movimento che si voglia candidare al Governo della Capitale nei prossimi anni deve saper impostare un’azione di natura politico-culturale che sappia mettere in campo una piattaforma progettuale per la Roma del futuro. E senza perdere ulteriore tempo perché, non dimentichiamolo, si stanno avvicinando inesorabilmente le scadenze di Roma 2021, con i centocinquant’anni dalla proclamazione a Capitale d’Italia, e del Giubileo del 2025 quando la Città Eterna sarà di nuovo sotto tutti i riflettori di tutto il mondo. Sotto questo profilo, l’incapacità di concepire, organizzare e allestire un grande evento è la “magagna” maggiore dell’amministrazione grillina. Una delle scuse più avvilenti e infantili accampate dalla Giunta Raggi nel ritirare la candidatura olimpica di Roma 2024 è stata quella di aver impedito cospicui introiti economici ai “soliti” comitati d’affari. Forse sarebbe stato più onesto ammettere la propria incapacità e incompetenza ad aggiudicarsi e a gestire un evento di proporzioni mondiali che avrebbe portato ingenti finanziamenti nella Capitale. Probabilmente il Sindaco di Roma ha la memoria corta ma gli gioverebbe ricordare che le Olimpiadi celebrate nel 1960 rappresentarono un grande volano per l’economia nazionale e la definitiva uscita di Roma e dell’Italia intera dalle difficili condizioni post-belliche. Si fa pertanto urgente la necessità di una classe dirigente largamente intesa in grado di riprendere in mano le redini amministrative dell’Urbe in quanto il continuo degrado a cui è sottoposto il tessuto cittadino sta producendo quello che Vezio De Lucia e Francesco Erbani hanno sottolineato come il rischio più profondo che corre la Capitale ossia quello di osservare impotenti al formarsi di due città: quella del centro storico e quella fuori dai quartieri “bene” dando così luogo a quello che i due autori chiamano il “diritto negato della cittadinanza”. Da questo punto di vista, per riattivare la rete civica che da sempre vivifica Roma di idee e proposte dal basso, servirebbe puntare molto sull’associazionismo di territorio, il cui risveglio sarebbe importante per i nostri quartieri, il cuore pulsante della solidarietà cittadina. Sarebbe, quindi, tempo di recuperare l’Idea di una comunità virtuosa e armonica e non certo abbandonarsi impotenti all’amara constatazione di una città arrabbiata e ripiegata su sé stessa.
Simone Morichini
Sono nato a Roma il 20 dicembre 1976 e mi sono laureato in Scienze politiche presso l’Università “La Sapienza” dove ho successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in “Storia delle elite e classi dirigenti”. Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine del Lazio e Molise, lavoro in campo editoriale occupandomi di marketing, distribuzione e promozione libraria. Ho successivamente condensato la mia intera esperienza professionale in una pubblicazione ad hoc dal titolo “Per una manciata di libri. Aspetti commerciali nell’editoria”, uscito nel 2011. Ho collaborato con varie riviste tra cui “Elite e Storia”, “Olimpiaazzurra”, “Iniziativa” e la pagina culturale del webmagazine “DailyGreen”. Mi piace viaggiare e adoro la letteratura scandinava (Arto Paasilinna e Jan Brokken in particolare). Appassionato di lingue straniere (inglese e tedesco su tutte), sono uno sportivo onnivoro e amo la disciplina invernale del Biathlon.