Racconti di ossessioni: intervista a Vincenzo Ciampi
Ossessione, morte, passioni sfrenate e suspense, sono questi gli ingredienti principali della nuova raccolta di racconti di Vincenzo Ciampi Per cause naturali, edita da Edizioni Ensemble. Già noto come autore di romanzi ambientati nel passato, dall’età classica al ventennio fascista, Ciampi raccoglie in un unico volume i frutti delle sue esplorazioni letterarie degli ultimi anni. Sette racconti, sette storie noir, intense e conturbanti, collegate tra loro da un filo rosso: l’ossessione, cieca, malata, incontrollabile, per un amore, per la morte, per il gioco, per la politica. L’autore mette in campo un’umanità in crisi, fatta di amanti perversi, scommettitori sadici, personaggi storici tormentati, sempre in bilico tra schiavitù e prevaricazione, vittime di se stessi prima che degli altri, prigionieri delle proprie passioni e dei propri vizi. Con un linguaggio essenziale, quasi violento, ci conduce in un percorso alla scoperta degli angoli più oscuri della nostra società, presente e passata, invitandoci a sospendere ogni giudizio per lasciarci coinvolgere e sorprendere, fino all’ultima pagina.
Ed ora, la parola all’autore.
Il filo conduttore della raccolta è la pulsione ossessiva verso qualcuno o qualcosa. Come mai ha scelto proprio questo tema?
Il tema si è quasi scelto da solo. Negli ultimi due-tre anni avevo scritto alcuni racconti, usciti sul web, e mi sono accorto che c’era questo filo conduttore. Allora ho pensato a una piccola raccolta, per la quale ho scritto quest’estate i due racconti più lunghi del libro, totalmente inediti. Divertendomi moltissimo a farlo.
I protagonisti dei suoi racconti sono vittime e carnefici. Qual è il sentimento che anima queste scelte? Puro gusto del macabro? O c’è forse un pessimismo di fondo nei confronti dell’uomo?
Il gusto del macabro lo escluderei, altrimenti io stesso avrei bisogno di aiuto… scherzi a parte, che i ruoli del carnefice e della vittima possano confondersi è un tema ben conosciuto, in letteratura come nella cronaca. A condizione ovviamente di non perdere mai di vista le distinzioni di fondo: più spesso, purtroppo, ci sono solo vittime e solo aguzzini.
Ha già scritto molti romanzi, tutti ambientati nel passato, mentre Per cause naturali è una raccolta di racconti. Cosa l’ha spinta a cambiare genere?
Me lo sono chiesto anch’io. Fra le risposte possibili scelgo la più gratificante (per me stesso): potrei essermi scoperto più versatile di quanto non supponessi.
Ci parli della sua carriera da autore, dagli esordi a oggi. Com’è iniziata? Cosa anima la sua passione? Quali progetti ha per il futuro?
Ho cominciato a scrivere tardi, dieci anni fa, in un periodo di cambiamenti della mia vita, e ho cominciato sfidando la sorte con un romanzo di trecentosessanta pagine, Mio cugino il fascista, pur consapevole delle difficoltà a essere pubblicato come esordiente “attempato” e con una storia ambientata in Italia negli anni ’30-’40 (cosa molto rischiosa anche per autori affermati). L’ho fatto perché quella storia stava crescendo dentro di me da anni, quasi pretendesse di essere scritta. Nei miei piani doveva essere solo un tentativo isolato. Sono stato fortunato, perché il volume (ristampato nel 2013, a otto anni di distanza) fu tra i vincitori di un premio letterario (giuria di pubblico) che oggi non c’è più, ma vedeva sempre la partecipazione di grossi editori. Ho preso questo colpo di fortuna come incoraggiamento e allora ho continuato. Senza illusioni e senza grosse ambizioni, ma con serena determinazione. E non mi pento di averlo fatto.
Qual è il comune denominatore delle sue opere? Ci sono dei temi, messaggi, valori che le accomunano?
Piccola premessa: non credo che un autore debba proporsi di lanciare “messaggi”, solo pochi possono permetterselo. Una tematica ricorrente è quella di immaginare persone ordinarie, piene di limiti e di difetti, in circostanze straordinarie. Mi attrae molto costruire queste situazioni intorno ai miei personaggi. Quanto ai valori…beh, in questa raccolta piena di “mostri” si potrebbero trovare più che altro disvalori. Nella produzione precedente, invece, il valore dell’amicizia ricorre più volte.
Da dove trae l’ispirazione? In ciò che scrive c’è più realtà o più fantasia?
Credo onestamente che sia impossibile rispondere. Ogni autore mescola realtà e fantasia in modo diverso (in narrativa, poi, conta molto l’immaginazione, più della fantasia). In ogni caso il mio modo di scrivere è piuttosto realistico, per me la verosimiglianza è importante.
Dai racconti di Per cause naturali traspare un’umanità in crisi. Quale pensa che sia il ruolo dello scrittore in questa società?
Non credo che chi scrive debba aspirare a un ruolo particolare, né attribuirsene uno. Si è parte della stessa umanità che si racconta. Lo si è inevitabilmente, anche se si ambientano le storie nel passato; anche se il mondo in cui si vive resta al di fuori delle narrazioni. Cogliere i cambiamenti, le diversità senza sentirsi diversi, al di fuori o al di sopra, è già molto. Poi non resta che raccontare.
Vincenzo Ciampi, Per cause naturali, Edizioni Ensemble, 2014, pp. 104, € 12.00.
Redazione
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