Phone number-sharing. Se gli sconosciuti (tanti) si scambiano numeri su Facebook
Non solo bookcrossing, come quasi tutto in questo mondo, anche la nobile passione per i libri e la voglia di condividerla con gli altri non è esente da derive pericolose. In un gruppo di lettura di Facebook appare uno status allarmante in cui si propone di scambiarsi il numero di telefono per creare un gruppo su WhatsApp con l’obiettivo di chiacchierare di libri, esattamente ciò che già si fa sul social.
Questo solleva alcune questioni:
– La privacy sui social network è un problema diffuso, di cui le più grandi testate nazionali e internazionali parlano di continuo, fino a indurci a tacciarle di paranoia. Eppure molti utenti rischiano troppo spesso di peccare di ingenuità.
Per citare il collega Vincenzo Tiani: “Quando ci iscriviamo a un social network autorizziamo un papiro di cose e non ne leggiamo altrettante.” Nonostante sia diffusa, quasi normale, l’ignoranza del popolo del web in merito a questo “papiro di cose”, ci sono una serie di situazioni antipatiche facilmente evitabili ricorrendo al buonsenso, di cui gli utenti del gruppo eventualmente sono privi. Per dirne una: non accettare richieste di amicizia dagli sconosciuti. O un’altra: non dare il numero di telefono a sconosciuti. Se questo vale per strada, dovrebbe valere anche on-line.
– Il social si è lentamente insinuato nel quotidiano degli utenti al punto che si sentono in dovere di rendere il mondo partecipe delle proprie gioie e disgrazie anche in contesti inadeguati. Questo porta a eccessiva confidenza, e l’eccessiva confidenza porta alla pubblicazione di post come da immagine, in cui l’utente si sente in diritto di avanzare proposte, tipo scambiarsi il numero di cellulare, consapevole che otterrà consenso.
– Ed è questo il punto più allarmante, il numero di consensi: 23 like e 44 commenti entusiasti. Qualcuno è perfino rammaricato perché non rientra nella categoria under 25. Siamo di fronte a un atteggiamento tipico degli adolescenti che difficilmente prestano attenzione alla privacy; in questo caso, però, a interagire sono gli adulti, o presunti tali.
Voler fare parte a tutti costi di un gruppo di pari, ci spinge spesso ad accogliere le idee altrui con troppa leggerezza, senza riflettere. In questo caso particolare a un certo punto qualcuno ha saggiamente, ma senza successo, proposto di aprire un altro gruppo; ad altri qualche dubbio è venuto, ma con troppa facilità è stato fugato:
Che si tratti o meno di una proposta in cattiva fede, non ha importanza. Quello che ci si dovrebbe chiedere è: perché siamo così portati a fidarci del prossimo nella vita virtuale, mentre fuggiamo ogni volta che una faccia strana si avvicina a noi per strada? Perché il pericolo online, nonostante i casi documentati di stalking e molestie, non viene percepito, e ci sentiamo tranquilli a postare anche nei gruppi pubblici o in chat private con sconosciuti le foto dei nostri figli, indirizzi e-mail o numeri di telefono?
Federica Colantoni
Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.