Oscar 2015: lacrime e femminismo per uno show senza sorprese
Nessuna sorpresa, nessun stravolgimento nelle previsioni dei bookmaker. Le luci sul palco degli Academy Awards si sono spente da poco, e hanno illuminato uno show sicuramente con numerosi momenti emozionanti o divertenti, e discorsi memorabili ma senza guizzi nella conduzione. Lo spettacolo, affidato quest’anno all’attore Neil Patrick Harris, ad alcuni ha fatto rimpiangere l’esplosiva Ellen DeGeneres dell’edizione 2014: chi non ricorda il selfie, ormai entrato nella storia, che ha fatto impazzire Twitter? Ecco, sono mancati quei comici colpi di testa, e questa edizione è rientrata nella tradizione di quelle più compassate e tranquille.
Il trionfatore, ampiamente previsto, dell’87esima edizione è stato Birdman del regista messicano Alejandro González Iñárritu. Quattro statuette, le più importanti: miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale, più miglior fotografia. Hollywood premia se stessa, infatti il film di Iñárritu altro non è che uno sguardo lucido e critico sull’industria cinematografica losangelina, con tutte le sue contraddizioni. Dopo l’esilarante siparietto di Sean Penn che ha consegnato il premio per Miglior film (chi ha dato la green card a quel figlio di p……?), e i consueti ringraziamenti alla famiglia e a Michael Keaton, il protagonista del film, il regista dedica il premio al suo paese e ai suoi connazionali: “Dedico questo premio ai miei amici messicani che vivono in Messico: prego che troviamo e costruiamo il governo che ci meritiamo. E a quelli che vivono in questo paese, che sono i discendenti degli emigrati che arrivarono in questo paese, prego che veniate trattati con la stessa dignità e rispetto di quelli che sono arrivati qui prima di voi, e hanno costruito questa incredibile nazione di emigrati“. Wes Anderson, con Grand Budapest Hotel, porta a casa soprattutto premi tecnici, tra cui quello per Miglior costumi andato all’italiana Milena Canonero, che aggiunge il quarto Oscar alla sua collezione. L’altro favorito, Boyhood vince solo nella categoria Miglior attrice non protagonista con Patricia Arquette, il suo discorso, all’insegna del femminismo, è stato uno dei più apprezzati in sala: “A ciascuna donna che ha dato il dono della vita a qualcun altro: è giunta l’ora di una parità salariale tra uomini e donne una volta per tutte. Ed è anche giunta l’ora di ottenere uguali diritti per le donne“. Standing ovation per Julianne Moore, premiata come Miglior attrice protagonista per Still Alice. L’attrice, dapprima, ha scherzato dicendo che l’Oscar allunga la vita, poi ha detto di essere contenta di aver messo in luce la vita dei malati di Alzheimer, troppo spesso dimenticati e lasciati soli. Emozionato ed incredulo l’attore britannico Eddie Redmayne che vince la statuetta come Miglior attore protagonista per la sua ottima interpretazione in La teoria del tutto. Redmayne ha dedicato il premio allo scienziato Stephen Hawking e alla sua famiglia, e ai malati di sclerosi laterale amiotrofica. A tutta famiglia l’acceptance speech di J.K. Simmons che vince l’Academy per l’outsider Whiplash.
Numerosi i momenti toccanti, che si sono susseguiti durante la serata. Un’irriconoscibile Lady Gaga ha omaggiato il cinquantesimo di Tutti insieme appassionatamente, a cui è seguito un lungo abbraccio con la protagonista Julie Andrews. Tante le lacrime che hanno rigato i volti degli spettatori presenti in sala, durante l’esibizione di Common e John Legend, vincitori della statuetta per Miglior canzone originale con Glory, tratta da Selma di Ava DuVernay. Con ben due nomination era prevedibile, e meritata, la vittoria di Alexandre Desplat per la colonna sonora di Grand Budapest Hotel. Per il consueto momento In memoriam, Meryl Streep ha introdotto la gallery dicendo: “Il mondo è più vuoto senza di loro“. Sono stati ricordati, tra gli altri, AnitaEkberg, Virna Lisi, Robin Williams, Lauren Bacall, Eli Wallach, Bob Hoskins e il regista Mike Nichols. Ma dimenticano l’italiano Francesco Rosi, recentemente scomparso.
Nella categoria Miglior film straniero vince il polacco Ida, mentre per Miglior film animato la Walt Disney Pictures si accaparra l’ennesima statuetta con Big Hero 6. Sorprende la vittoria di Citizenfour, premiato come Miglior documentario, sulla storia di Edward Snowden e lo scandalo Datagate.
Graham Moore, che ha vinto l’Academy per Miglior sceneggiatura non originale con The imitation game, regala uno dei più bei momenti della serata. Ricorda Alan Turing, il matematico omosessuale protagonista del film e ha detto: “Ho tentato il suicidio a sedici anni. Mi sentivo strano e diverso. Ma ora sono su questo palco. E ai ragazzi là fuori dico: siate strambi, siate diversi. E quando arriverà il vostro momento di salire su questo palco, vi prego di trasmettere lo stesso messaggio alla prossima persona che vi salirà dopo di voi“.
Michela Conoscitore
Pugliese, classe 1985. Laureata in Lettere Moderne, con un master in giornalismo cartaceo e radiotelevisivo. Ha collaborato, nel settore Cultura e Società, in una redazione giornalistica della provincia di Foggia. Da sempre, esprime l’amore per la scrittura, raccontando storie e descrivendo avvenimenti. La semplicità è il suo principale obiettivo, che cerca di perseguire affinché, ciò che scrive, arrivi a tutti. Grande appassionata di cinema e serie TV, da due anni posta recensioni sul suo blog, Incursioni Cinemaniache. Ma non si ferma qui, perché il vero giornalista è un curioso a tutto tondo.