Maria Judina, la pianista che fece piangere Stalin
Studiando la storia dell’umanità ci siamo imbattuti più volte, purtroppo, in dittatori e tiranni. I quali tenevano il potere saldo nelle loro mani solo grazie all’utilizzo della paura, strumento di assoluta efficacia. Spesso siamo portati a pensare che il dittatore di turno sia una persona incapace di provare sentimenti umani e, in parte, è normale: come si può credere che un uomo come Adolf Hitler possa avere un cuore? Risulta quasi impossibile pensare che dietro l’uomo che ha ideato uno dei più grandi genocidi della nostra storia si possa celare un animo umano, magari con tutte le fragilità e le emozioni che proviamo noi. Stalin, pur professando ideali diversi, viene associato al capo della Germania Nazista poiché entrambi hanno sulla loro coscienza l’onta dello sterminio, diretto e indiretto. La storia che sto per raccontarvi riguarda proprio quest’ultimo tiranno.
Iosif Stalin, al secolo Iosif Vissarionovič Džugašvili, fu il capo e istitutore dell’Unione Sovietica. Durante la sua permanenza al potere uccise circa 27 milioni di uomini, sia direttamente eliminando i suoi nemici politici – ma non solo – sia mandando un enorme quantità di giovani russi a combattere contro il nazismo, molti dei quali non fecero più ritorno in patria.
Si dice che Stalin scelse questo pseudonimo, abbandonando il suo vero cognome – troppo georgiano per i dirigenti moscoviti – poiché in russo significherebbe Acciaio. Come a voler dare un segnale ai suoi nemici, interni ed esterni, “io non mi spezzerò mai, io non provo nulla… Sono di acciaio”.
Ma la storia del segretario del partito comunista si incrocia con la vita di una delle migliori pianiste di tutta la storia russa: Marija Veniaminovna Judina. Come accennato nelle prime righe, la storia del rapporto tra Judina e Stalin può essere un perfetto esempio: i dittatori hanno sentimenti.
Con ciò non si vuole sminuire o giustificare in alcuna maniera quanto fatto dal dittatore russo, si vuole soltanto riflettere sulla sua natura di essere umano, troppe volte oscurata dalle sue malvagie azioni.
Nel 1943 Stalin ascolta alla radio il Concerto K 488 di Mozart eseguito dal vivo dalla Judina. È talmente estasiato dalle note e dalla musica che chiede immediatamente il disco. Ma, essendo un concerto dal vivo, non si poteva avere il formato in vinile. Tuttavia, Stalin ha chiesto una cosa e deve averla: viene convocata immediatamente la Judina e l’orchestra, tutto è pronto eccetto i direttori, i quali, temendo che il capo sovietico capisse la differenza tra l’esibizione originale e quella registrata, rifiutarono. Solo al terzo tentativo un direttore diede il suo assenso, si poté iniziare. Il disco fu pronto in brevissimo tempo ed inviato all’illustre richiedente .
Stalin è generoso, fa avere alla Judina ventimila rubli, una cifra pazzesca per l’epoca. Con un gesto al limite dell’arresto, la pianista li rifiuta: «La ringrazio. Pregherò giorno e notte per Lei e chiederò al Signore che perdoni i Suoi gravi peccati contro il popolo e la nazione. Dio è misericordioso, La perdonerà. I soldi li devolverò per i restauri della chiesa in cui vado». Non le viene torto un capello, altri avrebbero pagato con la vita un tale affronto. Si alza il coro di quelli che gridano al “miracolo”.
Alla morte di Stalin, sul grammofono del dittatore, c’è quel vinile della Judina.
«Due stelle mi guidano, come una volta: Dio e la musica», continua a ripetere Maria Judina. «L’esperienza della musica è uno squarcio che si apre su un altro mondo, su una realtà più grande, sulla realtà: la Grazia di Dio». Si racconta che Stalin piangesse quando ascoltava quel disco.
Redazione
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