L’Europa dei muri non è mai morta
Quando il 9 Novembre 1989 veniva demolito il muro di Berlino gli europei, commossi e plaudenti, assistevano alla fine di un incubo durato decenni. Veniva meno quel limite invalicabile che segnava la separazione tra mondo capitalista e mondo comunista e, con esso, la follia liberticida che aveva tenuto per anni separati popoli, amici, famiglie. Dopo la demolizione del muro i popoli dell’est si sono riversati in occidente, alla ricerca di quel benessere economico che il comunismo aveva loro negato, nel tentativo fallimentare di costruire una società più giusta, ma col risultato di produrre miseria diffusa ed egualitaria. Polacchi, Ungheresi, Cecoslovacchi, hanno potuto finalmente mettere il naso fuori dai loro sfortunati Paesi ed andare a cercar fortuna nell’Europa capitalista.
Nei giorni in cui le ruspe erano in azione tutto il continente festeggiava. Mai più muri, mai più simili crudeltà, i tedeschi dell’est si riabbracciavano con quelli dell’ovest che gli accoglievano festanti. Poteva adesso, finalmente, avverarsi il sogno di un’Europa unita. Già, poteva… Perché a 26 anni di distanza da quel 1989, che cosa è cambiato? Noi non vediamo nemmeno l’ombra di quello spirito di fratellanza (antitesi dei muri e delle divisioni) che dovrebbe unire i popoli europei.
L’Europa dei muri, degli egoismi nazionali, è più presente e viva che mai. I muri ci sono ancora, anzi si sono moltiplicati. Di fronte alla pericolosissima minaccia delle nuove invasioni barbariche ci sono Paesi che hanno alzato muri invisibili ma efficaci. Germania, Francia, Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia hanno infatti reintrodotto i controlli alle frontiere, in palese disarmonia con la libera circolazione di uomini e merci prevista negli accordi di Schengen, la più grande conquista dell’Europa unita e condizione indispensabile per la sua sopravvivenza.
L’Ungheria invece, il suo muretto schifoso se l’è proprio costruito fisicamente. Si tratta di un ammasso di reti, filo spinato e cemento che dovrebbe tenere alla larga i barbari invasori. Peccato però che questi “barbari” non sono armati, non vogliono fare guerra a nessuno anzi, dalla guerra proprio scappano. E gli altri, quelli che “a casa loro non c’è nessuna guerra”, fuggono da una miseria che per certi versi è peggiore di una guerra stessa.
Qualche giorno fa il grande capo Viktor Orbán, primo ministro ungherese, dopo aver fatto recintare il confine con la Serbia, ha dichiarato che i muri funzionano e che bisognerebbe farne uno per proteggere i confini greci. Ora, fermo restando che non abbiamo capito dove lo vorrebbe fare, visto che la Grecia è costituita da una miriade di isole sparse nell’Egeo, è curioso notare come quei Paesi che hanno vissuto sulla loro pelle l’esperienza del muro di Berlino e della cortina di ferro, oggi siano i più acerrimi nemici dell’immigrazione.
Viktor Orbán, Primo Ministro dell’Ungheria dal 2010
Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia appoggiano la politica di Orbán. Insomma proprio quei Paesi che se alla caduta del muro di Berlino non fossero stati accolti dall’Europa dell’ovest avrebbero impiegato decenni a risollevare le loro pidocchiose economie comuniste, proprio quei Paesi che hanno vissuto sulla loro pelle il dramma del limite invalicabile, della separazione, della chiusura, adesso costruiscono limiti, separano, chiudono. Che vergogna. Ma attenzione: vergogna non a quei popoli, ci mancherebbe. Vergogna a quei governi, contro i quali non mancano nei rispettivi Paesi voci di protesta.
Faccia attenzione il lettore: qui non siamo buonisti, non siamo sciocchini, non siamo polli senza cervello, capiamo benissimo che il problema dei flussi migratori sta assumendo proporzioni bibliche e che non può essere trattato esclusivamente con una accoglienza incondizionata e non regolata. Quello che noi intendiamo additare come vergognoso è l’incapacità di questa Europa di procedere, tra tutti i Paesi, alla stessa marcia ed alla stessa velocità. Il problema c’è? Ok, lo si affronta tutti insieme, mediante un’equa divisione delle responsabilità e dei “carichi di lavoro”, ispirandosi sempre a quei valori di solidarietà e cooperazione che sono le fondamenta di una qualsiasi ipotetica unione.
La verità è che qui ognuno fa come gli pare. L’Ungheria si barrica, La Gran Bretagna organizza un referendum per darsela a gambe, la Francia va in Mali, in Libia, in Siria così, per i fatti suoi, una bomba qui una bomba lì, la Germania fa la “selezione” dei profughi da ospitare, alcuni introducono i controlli alle frontiere altri no, l’Italia si organizza da sola per soccorrere i profughi nel Mediterraneo, sulla questione Ucraina vanno Germania e Francia a colloquiare, non l’Unione nella sua interezza e con i suoi rappresentanti, ma i due stati padroni.
Non esiste nemmeno una parvenza di reale, concreta, visibile Unione in questo momento. Per una volta dobbiamo convintamente (concedetecelo) dare ragione al Presidente del Consiglio Matteo Renzi: o l’Europa cambia o muore.
(fonte immagini: http://www.biografieonline.it/;
http://www.abc.net;
https://www.wikipedia.org)
Redazione
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