La scomparsa della memoria: gli Archivi di Stato italiani rischiano l’estinzione
Sebbene le università italiane prevedano lunghi e rigorosi percorsi formativi per gli aspiranti archivisti, lo Stato italiano sembra non curarsi di una professione che, secondo una recente inchiesta del quotidiano La Repubblica, rischia di svanire, assieme ai 101 Archivi di Stato dislocati in tutto il Paese.
Negli archivi italiani si conservano 1.600 chilometri di fascicoli e atti pubblici che raccontano la storia politica ed economica del Paese. A custodirli, pochi funzionari, molti dei quali in età pensionabile. Attualmente, infatti, i funzionari e dirigenti archivisti del ministero per i Beni culturali sono 621. Di questi il 66,3% ha più di sessant’anni e il 28,3 più di cinquanta, per un totale di 94,6. Fra qualche anno quando andranno in pensione, resteranno in servizio poco più di 200 archivisti.
Inoltre, secondo l’ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), la responsabilità della catalogazione dei materiali nella pubblica amministrazione è spesso affidata a personale senza una specifica competenza. “La causa principale del fallimento sta in una lacuna culturale”, dichiara Mariella Guercio, docente universitaria e presidente dell’ANAI, sulle pagine di Repubblica, “perché si affida la responsabilità dei servizi documentari a funzionari non qualificati”.
Poi c’è il problema della digitalizzazione del materiale. Da vent’anni si varano norme affinché la pubblica amministrazione produca una documentazione informatica e abbia un archivista nella propria équipe, ma senza esito. “Ci si concentra su questioni logiche”, continua la Prof.ssa Guercio, “si potenziano reti aziendali, si acquistano scanner e apparecchiature di memorizzazione, senza consultare archivisti in grado di valutare la qualità del risultato”. Un problema che affligge tutti gli esperti del settore culturale, dagli archeologi agli archivisti, che vedono dequalificata la propria professione e le competenze acquisite dopo lunghi anni di studi e perfezionamenti professionali. A cosa serve, dunque, specializzarsi in un settore, quello della cultura, per il quale negli ultimi anni non sembrano essere necessarie particolari qualifiche e titoli di studio?
Ciò che emerge è uno scenario disarmante, che richiede immediati provvedimenti. Al Mibact qualcosa sembra muoversi, ma il prossimo concorso annunciato dal ministro Franceschini per 500 funzionari del ministero prevede solo pochi posti riservati agli archivisti: “appena qualche decina”, sostiene l’ANAI.
Uno dei patrimoni italiani più imponenti e importanti è destinato, dunque, all’oblio, un repertorio di documenti preziosi, sia per gli storici e studiosi, sia per i cittadini, che nell’era del “volontariato” culturale non sembra più aver bisogno né di esperti curatori né di responsabili specializzati.