La Sacra di san Michele, simbolo del Piemonte raccontato da Umberto Eco
Nell’Archivio di Stato di Torino è conservato un disegno anonimo della fine del Cinquecento che rievoca (perlomeno secondo la leggenda) le prime tappe della fondazione della Sacra di san Michele, simbolo del Piemonte e allo stesso tempo tra i più importanti complessi abbaziali lungo il tracciato della via Francigena.
Il disegno ci mostra in primo piano san Giovanni Vincenzo da Besate (X secolo), generalmente indicato come il fondatore del primo nucleo dell’abbazia, nell’atto di costruire una chiesetta presso la località di Celle, oggi frazione del comune di Caprie. Non era personaggio di secondo rango, costui: monaco eremita, in passato aveva scalato le gerarchie ecclesiastiche riuscendo a diventare arcivescovo dell’ambita sede di Ravenna.
A questo punto – sempre secondo la leggenda – gli apparve l’arcangelo Michele, raccomandandogli di erigere la sua chiesa non a Celle ma in cima al vicino monte Pirchiriano, sperone roccioso di quasi 1000 metri che dominava la Valle di Susa. Immediatamente una moltitudine di angeli e colombe cominciarono a raccogliere il materiale necessario alla costruzione dell’edificio e lo trasportarono sul Pirchiriano (forma elegante di Porcarianus, “monte dei porci”) e qui Giovanni Vincenzo diede inizio alla propria opera, che proprio all’arcangelo Michele avrebbe poi intitolato. Ci troviamo nell’ultimo scorcio del X secolo.
Infine, un nobile alverniate – l’Alvernia è una regione della Francia centro-meridionale – tale Ugo di Montboissier, in adempimento a un voto decise di ampliare l’edificio, che a poco a poco si sarebbe trasformato in quello straordinario complesso abbaziale conosciuto oggi appunto come Sacra di san Michele.
Questa, tagliata con l’accetta, è la versione che tutti conoscono circa la fondazione della Sacra; ma di tale ricostruzione, soltanto l’ultima parte – quella che vede entrare in scena il nobile d’Alvernia – parrebbe suffragata in modo convincente da fonti documentarie. È quanto afferma Giuseppe Sergi, tra i maggiori medievisti italiani, da sempre interessato alle vicende dell’abbazia. Anche sul ruolo che Giovanni Vincenzo rivestì al momento della fondazione vi sarebbero non pochi dubbi. Certo egli è personaggio storico per altro verso piuttosto ben documentato: il suo culto (o perlomeno la sua immagine) è tutt’ora assai popolare presso diverse località valsusine, ma sul ruolo che detenne al momento della fondazione della Sacra, ripetiamo, qualche dubbio rimane.
Ovviamente tutto ciò non impedirà al visitatore di gustare al meglio gli scenari offerti da questo luogo assolutamente unico. Per farlo non dovrà fare altro, partendo da Torino, che percorrere l’autostrada che porta alla Francia e, dopo circa mezz’ora, svoltare verso Avigliana, deliziosa località lacustre i cui amministratori hanno avuto il merito di preservarne le vestigia medievali.
La Sacra di San Michele e Umberto Eco. Nella prima metà del secolo scorso da queste parti poteva capitare di incontrare un ragazzetto destinato a fare delle cose discrete: Umberto Eco. In seguito il famoso scrittore e semiologo (proprio sottolineando come la Sacra lo avesse ispirato per quello che sarebbe diventato il suo romanzo più celebre) avrebbe rievocato i piacevoli momenti trascorsi in quei luoghi di villeggiatura insieme ai genitori, e dovette ricavarne delle impressioni fortissime considerando che nella scena iniziale de Il nome della rosa il percorso che Guglielmo da Baskerville e il suo giovane assistente Adso da Melk compiono verso l’abbazia parrebbe effettivamente somigliare alla mulattiera che dalla vicina Sant’Ambrogio porta dritti alla Sacra. Quale che sia il sentiero che vi condurrà lassù non potrete fare a meno di pensare a Guglielmo, ad Adso, al cavallo Brunello e a Remigio da Varagine.
Una volta raggiunto il culmine del Pirchiriano vi troverete di fronte all’intero complesso abbaziale e sarà un momento di straordinario impatto emotivo. Verrete quindi condotti dinanzi alla famosa Porta dello Zodiaco, ai monumentali archi rampanti che così tanto colpiscono il nostro immaginario medievale (ma che furono progettati dall’architetto Alfredo d’Andrade in quel fervore neogotico che contraddistinse il Piemonte tardo ottocentesco) e ancora salirete i gradini dello Scalone dei Morti, da cui si può profittare d’un panorama mozzafiato sulla valle. Insomma, non siate pigri e andate a visitare questo luogo pieno di suggestioni: immersi in questo scenario d’eccezione vi parrà sul serio di trovarvi tra le pagine di Umberto Eco, avvolti e travolti dalle atmosfere del suo più celebre romanzo, che lo stesso scrittore una volta dichiarò persino di detestare: “io odio questo libro e spero che anche voi lo odiate. Di romanzi ne ho scritti sei, gli ultimi cinque sono naturalmente migliori ma per la legge di Gresham quello che rimane più famoso è sempre il primo” (Salone del libro di Torino, ed. 2011).
Per maggiori info: www.sacradisanmichele.com
Marco Testa
Cresciuto nell’isola di Sant’Antioco, ha compiuto studi storici e archivistici parallelamente a quelli musicali. Già collaboratore della cattedra di Bibliografia musicale del Conservatorio di Torino e docente presso l’Accademia Corale “Stefano Tempia”, collabora con festival e istituti di ricerca. Autore di saggi e articoli, lavora presso l’Archivio di Stato di Torino ed è critico musicale di “Musica – rivista di cultura musicale e discografica” e de “Il Corriere Musicale”.