Intervista a Maria Laura Moraci, 24enne regista di EYES
Intervista a Maria Laura Moraci, 24enne regista di EYES.
Lei denuncia questa indifferenza dilagante, ma secondo lei, come si può combattere?
Sicuramente come fanno nel finale i protagonisti di EYES: aprendo gli occhi, risvegliando la propria coscienza così da re-agire di fronte qualsiasi ingiustizia, perchè chi guarda è complice. Per me, per combattere l’indifferenza bisogna far capire che le vittime di essa possono esser anche innocenti e prive di qualsiasi colpa. Possono esser persone che non se l’erano andata a cercare e quindi è necessario sensibilizzare sulle conseguenze dell’indifferenza. A morire in quella discoteca di Lloret De Mar poteva esser chiunque: il vostro migliore amico, il vostro ragazzo, vostro fratello, vostro figlio, voi stessi. Per combattere l’indifferenza può esser utile quindi sensibilizzare e non far dimenticarne tutte le sue vittime.
Si può sensibilizzare solo con l’informazione?
Non credo basti ma sicuramente è utile informare. A mio parere però, serve ancor di più ricordare. La memoria è fondamentale perchè le cose che si dimenticano possono ritornare.
Lei da giovane donna cosa percepisce su questo argomento tra i suoi coetanei e non?
Di base percepisco molto interesse teorico ma non pratico. Nei fatti mi è capitato che quando ho visto che qualcuno era in difficoltà e in un momento di pericolo, le persone si immobilizzavano o se ne andavano, chi per paura e chi per menefreghismo. In certe occasioni basterebbe chiamare la polizia o altre persone, non rimanendo inermi e impassibili. Mi è capitato spesso che appena fai la prima mossa allora tutti come un gregge ti seguono e accorrono in aiuto con te. Per quanto riguarda invece EYES, percepisco dal pubblico molto coinvolgimento emotivo e mentale su questo argomento alle proiezioni perchè si immedesimano e capiscono che potevano esser loro dall’altra parte.
Nel suo corto Eyes non si può fare a meno di non notare la predominanza femminile tra le attrici, come mai questa scelta?
In EYES ci sono 30 attori di cui 9 protagonisti. Questi ultimi sono 9 ruolo che ho scritto cuciti su misura per quegli attori e tra loro sette sono donne perchè ritenevo quelle attrici bravissime e volevo lavorarci. Volevo dar risalto alle donne, perchè spesso nel cinema ci son poche protagoniste femminili e quando ci sono, appaiono molto stereotipate e fanno sempre gli stessi ruoli, mentre loro 7 son tutte diverse. Diversa fisicità, diversa tipologia e diversi caratteri che assumono simboli distinti nel corto che rappresentano figure femminili differenti l’una dall’altra. Inoltre nel caso di EYES i 9 protagonisti sono inizialmente indifferenti ad uno stupro (decide lo spettatore se di gruppo o singolo) e sarebbe stato più surreale avere più di due maschi come protagonisti che rimanevano fermi tutto quel tempo di fronte ad una tale violenza su una donna.
Le donne secondo lei sono più indifferenti nei confronti della violenza?
Assolutamente no. Nel corto 28 attori su 30 hanno recitato con gli occhi chiusi proprio come metafora del guardare le cose senza vederle davvero. Di quei 28, sono 15 donne e 13 uomini. Inoltre le uniche due ad avere gli occhi aperti, cioè a non esser indifferenti sono proprio femmine. Una è la bimba di 4 anni che fa le bolle di sapone, perchè mostra interesse alla vita, giocando, a differenza dei due bimbi maschi e più grandi che si isolano. L’altra invece è la prostituta romana che fuma interpretata da Giorgia Grimaldi e inquadrata tagliando gli occhi perchè per coerenza li avrebbe aperti, in quanto è l’unica che nel corto mostra interessa e curiosità, facendo domande all’altra prostituta e non perdendo la genuinità dei rapporti umani. In Eyes infatti ho rappresentato tutti con gli occhi chiusi già prima dello stupro perchè quotidianamente vivono in accezioni diverse dell’indifferenza e ho scelto di raffigurare personaggi di diversa età, etnia, sesso ed estrazione sociale, proprio per non far distinzione, facendo emergere che non esiste un sesso, un’età, un’etnia o un’estrazione sociale più indifferente dell’altra perchè ogni esser umano è diverso. Infine ho voluto fare come una sorta di specchio della società, incorniciandoli tutti dentro la fermata del bus, ingabbiati in un mondo frenetico incline alla violenza e al consumismo. Ma un cambiamento è sempre possibile se in ognuno di noi avviene una trasformazione.
Potrebbe spiegarci che significato attribuisce al disegno e all’aumentare dell’intensità del tratto?
In quella scena il personaggio interpretato da Alessandro Frontino, sfoga su un disegno che aveva appena fatto, tutto ciò che gli suscita l’udire le urla dello stupro che avviene dietro la siepe di fronte a lui. Il disegno diviene dunque un oggetto su cui riversare rispettivamente tutto il proprio fastidio, la propria rabbia repressa, la propria frustrazione ma soprattutto la sua impotenza. All’inizio è urtato da quelle urla che rompono il proprio mondo ovattato, poi vorrebbe intervenire ma trattiene la rabbia che ha verso gli stupratori e la getta sul disegno. Infatti incide delle ripetute x sulle labbra della ragazza disegnata come per tapparle la bocca per non sentirne le urla e quel momento in particolare coincide anche col suono della bocca tappata. Simbolicamente invece l’aumentare dell’intensità del tratto coincide sempre con la crescita della propria rabbia e impotenza ma soprattutto rappresenta allo stesso tempo, l’aumentare della foga con cui il membro di uno degli stupratori (incarnato dalla penna), penetra con insistenza e sempre più violentemente la giovane donna. Ringrazio per lo splendido disegno una delle truccatrici che lo ha realizzato: Sonia Saitta.
Redazione
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