Inizia la settimana degli archivi, importanti strumenti di democrazia
“Sarà l’anno degli archivi e delle biblioteche!”. Questo è quanto affermò il ministro Dario Franceschini lo scorso anno durante un incontro tenutosi alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ma tuttavia per il momento non ci risulta siano in corso delle politiche che facciano pensare a una inversione di tendenza: ci auguriamo di essere smentiti al più presto naturalmente, ma il dato di fatto è che i fondi destinati alla conservazione e alla tutela del patrimonio archivistico e librario continuano a rivelarsi a dir poco inadeguati. Suvvia, diciamola tutta, senza ipocrisie: i beni archivistici e librari sono da una parte (e cioè da parte della pubblica opinione – ammesso e non concesso ci si accorga della loro esistenza) percepiti come l’élite dell’élite o, peggio, come un qualcosa di superfluo se non una non-questione, mentre dall’altra, cioè da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact), vengono trattati come l’ultima ruota di un carro già piuttosto ammaccato. Tutto ciò rende assai difficile il pieno svolgimento delle funzioni di conservazione, restauro, tutela e custodia di questo patrimonio che gli archivisti (in questo spazio oggi parliamo soprattutto di archivi) sono chiamati a ricoprire anche nel loro ruolo di mediatori tra il patrimonio che essi conservano e l’utenza, rappresentata quest’ultima non solo dagli studiosi ma da qualsiasi cittadino.
Oggi l’ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana) lamenta quindi il fatto che costanti riduzioni di risorse e personale a partire dagli ultimi decenni rendano difficoltosa la tutela del patrimonio archivistico. Un esempio concreto di questa situazione? L’Archivio di Stato di Torino, tra i più importanti d’Italia e persino d’Europa (la cui sezione Corte si trova in un edificio Unesco, edificato nel primo Settecento dall’architetto messinese Filippo Juvarra), negli ultimi quindici anni ha visto quantomeno dimezzare il proprio personale quale conseguenza di tagli lineari apportati senza considerarne gli infausti esiti, a cominciare dai danni recati all’utenza: si accennava poc’anzi al fatto che l’archivista, professionista della cultura ma anche funzionario delle pubbliche amministrazioni, è si custode di questo “tesoro delle carte”, ma pure intermediario tra quest’ultimo e il cittadino, la cui frequentazione degli archivi contribuisce a perfezionare il proprio status di persona che partecipa alla cosa pubblica nella piena consapevolezza dei propri diritti (e si spera dei propri doveri, in un paese in cui di quest’ultimi si parla un po’ poco): ecco come gli archivi, storici e non, vengono a configurarsi perciò quali strumenti di democrazia.
Stando così le cose, l’ANAI ha deciso quindi di istituire la “Settimana degli archivi”, una serie di eventi (mostre, tavole rotonde, conferenze) che a partire da oggi 14 marzo sino a sabato 19 coinvolgeranno molte città italiane nel tentativo di sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica sulle sorti di queste strutture e sulle numerose attività che vi si svolgono. Perché se è vero che gli archivi hanno bisogno della politica e di una pubblica opinione che li sostenga è altrettanto vero che la società, la politica, la pubblica amministrazione e la cittadinanza hanno bisogno – non vi siano dubbi in questo – degli archivi e del loro operato.
Per maggiori info: http://new.archivisti2016.it/ispirati-dagli-archivi
Marco Testa
Nato nel 1983 e cresciuto nell’isola di Sant’Antioco, ha portato avanti gli studi classici e storici parallelamente a quelli musicali. Autore di saggi e numerosi articoli, è stato relatore in diverse fiere del libro in Italia. Redattore di “Cultora” e del “Corriere Musicale”, è collaboratore dell’Archivio di Stato di Torino. Adora (quasi) tutto ciò che è Musica, il mare, l’horror, la letteratura di viaggio, gli antichi borghi, il buon cibo e molto altro. Vive a Torino dal 2008.