Il talk show populista di Giletti vince sempre, riesce ad abbatterlo solo la F1
Comunque la si voglia mettere vince Giletti. A qualcuno potrà non piacere. A lui sicuramente piacerà. Sta di fatto che, proprio nella domenica del suo risultato peggiore, al volto domenicale Rai va giustamente tributato l’onore delle armi. Certo, questa domenica è sceso a quota 1.592.000 telespettatori con uno share “solo” al 10,5%, però va rimarcato che c’era la Formula 1, con tutti i suoi sponsor a occupare lo spazio su Raiuno. E andrebbe timidamente osservato: ma se la Formula 1 “uccide” l’ascolto di quella fascia oraria – o meglio, uccide l’Arena – perché continuare a programmare in questo modo il palinsesto?
La domanda non è peregrina ed è presto motivata. Andiamo a vedere gli ascolti de “l’Arena” di Massimo Giletti dell’ultimo mese: domenica 28 febbraio scorso ha totalizzato 4.420.000 telespettatori con uno share del 21%; domenica 6 marzo siamo a 4.577.000 e share al 23,2%; domenica 13 marzo i telespettatori sono 4.437.000 e lo share è al 23,8%. Non so se mi spiego, ma questi sono numeri pazzeschi, pur tenendo conto del fatto che la domenica pomeriggio l’ascolto è più “distratto” che mai. Numeri comunque importanti se si va a guardare la media del diretto concorrente, la “Domenica Live” di Barbara D’Urso, che viaggia sempre sui 2.500.000 telespettatori con lo share intorno al 15%.
Questa domenica, come dicevo in apertura, il crollo dovuto al Gran Premio di Formula 1. Si tratta di un paradosso se si vanno a leggere – come abbiamo appena fatto – gli ascolti. Terremotare un programma di successo per far spazio a uno che fa quasi lo stesso ascolto lascia qualche perplessità. Per la cronaca, la gara – peraltro trasmessa in differita – è stata vista da 3.600.000 telespettatori e share al 21%. Numeri non meno importanti, ma a pagare pegno è stato Giletti e la sua Arena.
Che poi sia discutibile, o meno, il programma del giornalista cresciuto con Giovanni Minoli alla fine degli anni ottanta a “Mixer”, e poi subito passato all’intrattenimento con i vari “Mattina in famiglia” e “Mezzogiorno in famiglia”, è un altro discorso. Il suo cavalcare l’ondata populista televisiva lo mette sul podio al pari con Paolo Del Debbio e il suo “Dalla vostra parte”. Però, giusto o sbagliato che sia, Giletti si mette davanti alle telecamere e inveisce furiosamente, spesso bastonando gli ospiti – soprattutto se si tratta di personaggi riconducibili alla “casta” – e trascinandosi il pubblico come il più classico dei fustigatori di costume, un “Savonarola” all’amatriciana.
Si discute, a ragione, di questo modo di fare tv fin dai tempi di Gianfranco Funari (ricordate “Aboccaperta”??). E sono sempre stati accampati dubbi sacrosanti sulle risse televisive, specie su quelle costruite, e spesso quelle di Giletti sono chiaramente costruite. Poi, davanti agli ascolti, tutti zitti. E questo pur sapendo quanto il campione Auditel sia, in fondo, affidabile fino a un certo punto, e soprattutto sapendo che lo stesso campione conta le tv sintonizzate ma non può calcolare il gradimento dei programmi. In definitiva, e al di là di come la si pensi, la “rissa in tv” resta un modo piuttosto semplice di fare ascolto, specie se collocata sapientemente nel palinsesto. Ebbene, chi ha inventato l’Arena e l’ha collocata a quell’ora di domenica è un genio (del male). E andrebbe in ogni caso premiato. O punito.
Gennaro Pesante
Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.