Il backmasking: quando la musica passa alla storia per i suoi messaggi subliminali
Gli amanti delle teorie del complotto hanno spesso dichiarato di riconoscere significati nascosti nei testi musicali, per esempio riproducendo una traccia dalla fine all’inizio, identificando ipotetici messaggi subliminali. Come i più appassionati di cultura musicale sanno, alcune canzoni o band sono passate alla storia anche per questo motivo.
Nel 1878, un anno dopo aver creato il fonografo – il celebre antenato del grammofono, per la registrazione e la riproduzione acustica – l’inventore statunitense Thomas Edison notò che il cilindro poteva essere ruotato all’indietro ottenendo un effetto piacevole: “la canzone rimane melodiosa in molti casi e alcuni brani appaiono dolci e insoliti, sebbene del tutto diversi dalla canzone riprodotta nel modo giusto”. Dal momento in cui i musicisti d’avanguardia negli anni Cinquanta iniziarono a sperimentare l’utilizzo dei registratori a cassette, modificando frammenti di suoni secondo lo stile chiamato “musique concrète”, si iniziarono ad inserire, all’interno dei brani musicali, dei messaggi che diventavano chiari solo quando la traccia era riprodotta all’indietro.
Non soltanto le band di Death Metal hanno il monopolio sui messaggi nascosti; un celeberrimo gruppo pop è stato al centro dell’attenzione per quasi cinque decenni per questa ragione. I Beatles si sono imbattuti per la prima volta nel cosiddetto “backmasking“ – ovvero inserire un messaggio rintracciabile solo con l’ascolto del brano al contrario – in occasione della preparazione del loro album Rubber Soul, nel 1965. Influenzati dalle tecniche della musique concrète, aggiunsero un messaggio subliminale in Rain, il singolo lanciato nel 1966.
Il gruppo introdusse un messaggio nascosto anche nella versione del 1995 del pezzo Free as a Bird, uscito quindici anni dopo la morte di John Lennon, presente nella parte finale del testo. Paul McCartney stesso rivelò scherzosamente al giornale The Observer di aver scelto di introdurre un contenuto subliminale per “dare qualcosa da fare a tutti i fanatici dei Beatles”.
Le accuse di backmasking demoniaco ebbero origine in America agli inizi degli anni Ottanta, probabilmente sulla scia del film L’esorcista del 1973, in cui un discorso confuso della vittima posseduta acquisiva senso in inglese se ascoltato a rovescio. La preoccupazione in America diventò tale da portare alla fondazione dell’associazione “Parents Music Resource Center”, formatasi nel 1985 e affiliata ai Cristiani fondamentalisti americani. Storici gruppi musicali come i Led Zeppelin, i Judas Priest e persino gli Eagles vennero accusati di diffondere messaggi subliminali a carattere satanico.
Ciò che contraddistingue molte di queste accuse è che sono di sovente infondate. Alcuni dei messaggi nascosti individuati hanno in realtà ben poco senso oppure pretendono di rintracciare particolari sulla storia personale dei componenti di una band. Ben nota è la vicenda della presunta morte di Paul McCartney, rimpiazzato da un sosia secondo i sostenitori di questa stramba teoria. Ma anche alcuni patiti dei Pink Floyd hanno talvolta dato credito a tesi bizzarre, come quando nella canzone Empty Spaces (in The Wall del 1979) il riferimento in sottofondo a un certo “Old Pink” è stato interpretato come un’allusione all’esaurimento nervoso sofferto da Syd Barrett nel 1968.