I rischi dell’app che ha permesso a Sara Di Pietrantonio di essere trovata e uccisa
di Federica Colantoni, in Viaggio, del 1 Giu 2016, 12:21
“Hai perso il tuo iPhone, iPad, iPod touch o Mac? Con l’app Trova il mio iPhone puoi usare qualsiasi dispositivo iOS per ritrovarlo e proteggere i tuoi dati. È facile: installa l’app gratuita, aprila e accedi con il tuo ID Apple che utilizzi per iCloud. Trova il mio iPhone ti aiuterà a individuare su una mappa il dispositivo smarrito, potrai bloccarlo a distanza, farlo suonare, far apparire un messaggio sul suo display, o cancellarne tutti i dati. ”. Questa la descrizione dell’app per iOS “Trova il mio iPhone”, progettata probabilmente per limitare i danni in seguito a furto o smarrimento. Tanto ingegnosa quanto utile, una app del genere deve essere intuitiva e semplice di modo che chiunque in caso di bisogno riesca ad usarla.
Con “Trova il mio iPhone” è possibile individuare il dispositivo sulla mappa, usare la modalità smarrito per bloccarne le funzioni, farlo suonare per rintracciarlo più velocemente, inizializzarlo da remoto eliminando tutti i dati sensibili.
Peccato però che la tecnologia nasconda sempre un risvolto negativo: nel caso specifico di “Trova il mio iPhone”, occorre possedere un account iCloud dal quale sarà possibile rintracciare il dispositivo associato da qualsiasi altro che utilizzi un sistema iOS. Questo vuol dire che chiunque conosca le credenziali di accesso – e in famiglia o in intimità capita spesso – può localizzare smartphone e proprietario. È quello che è accaduto nei giorni scorsi a Roma, dove si è consumata la tragedia che ha visti come protagonisti Vincenzo Paduano e Sara Di Pietrantonio. Lui 27enne, guardia giurata ed ex fidanzato geloso; lei studentessa 22enne, vittima di stalking e, infine, di omicidio.
Gli attacchi informatici sono solo una parte dei rischi a cui ci esponiamo quotidianamente utilizzando smartphone, tablet e computer. I social network, il gps, e le innumerevoli app che installiamo quotidianamente e che impongono l’uso di dati personali ci semplificano la vita e al contempo ci rendono sempre più facili bersagli, esponendoci a rischi non solo nel virtuale ma anche nella vita vera.
L’omicidio di Sara non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo crimine che è stato facilitato dalla tecnologia. Nelle dichiarazioni rilasciate ai media sui fatti di Roma, gli inquirenti invitano ad adottare misure di precauzione, che sono sempre quelle e che quotidianamente sottovalutiamo perché a noi non può accadere nulla di male: «Ridurre la superficie di attacco tenendo attivi solo gli account che servono. Non utilizzare la stessa password per tutti i profili e cercare di separare i dispositivi personali da quelli utilizzati per scopi professionali», senza dimenticare di disattivare il gps e la connessione dati, cambiare saltuariamente le credenziali di accesso ai vari account e mantenerle quanto più possibile private.
Federica Colantoni
Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.