I gommoni sulla facciata di Palazzo Strozzi a Firenze sono una cagata pazzesca
In un angolo di Piazza Strozzi a Firenze una targa del 1762 degli Otto Di Balia ammonisce: “Qui è vietato vendere cocomeri, frutta e ferrivecchi”. Questo perché di fronte a uno dei più bei palazzi rinascimentali d’Italia, Palazzo Strozzi, la famiglia di ricchi mercanti ostili ai Medici non voleva venissero lasciate sporcizie d’ogni tipo al termine del tradizionale mercato di generi alimentari. Le multe per gli indisciplinati venivano riscosse, secondo la tradizione, da gendarmi incappucciati detti “invisibili rosa”. Oggi, di quegli esattori col cappuccio si avrebbe ancora bisogno, per riscuotere ben più di una semplice ammenda, bensì per mandare a giudizio sindaco e assessore alla cultura del capoluogo fiorentino che hanno permesso al cinese Ai Weiwei di piazzare sulle bifore del secondo piano del palazzo cinquecentesco 22 gommoni rossi.
Un’opera d’arte, a quanto pare, sebbene sia ormai conclamato che col termine “arte” si riesca a giustificare qualsiasi porcheria al pari di come, dietro al termine “satira”, sia possibile nascondere gli insulti più beceri. Il “capolavoro” in questione si chiama Reframe che in modo ancor più beffardo sarebbe la traduzione di “ristrutturare”. Il significato? Richiamare l’attenzione internazionale sulla irrisolta questione dei migranti. “Un problema attuale, davvero legato alla contemporaneità”, ha spiegato Ai Weiwei, che ha poi precisato: “Il mio lavoro riguarda sempre l’umanità di oggi”.
L’installazione non è che una delle 60 opere che comporranno la mostra “Ai Weiwei. Libero”, celebrazione dei 30 anni di carriera dell’artista cinese, fiero oppositore del regime cinese (da qui il titolo della mostra) ma che la libertà di deturpare le facciate dei palazzi ce l’ha solo in Italia. Sul web la polemica è montata dopo pochi minuti e, come sempre, le voci sono disparate. Tra chi la definisce fantozzianamente “cagata pazzesca” e chi invece rimprovera ai fiorentini di essere “rimasti fermi al ‘500”, il punto resta un altro: perché dover caricare di significato politico qualcosa che, di fatto, è patrimonio di una città intera?
Cioè, in virtù del mio cattivo gusto (relativamente parlando, s’intende) io posso applicare ciò che voglio su un palazzo artistico di cui sono proprietario e mandare il messaggio politico in cui credo. Oppure, io provocatore e anarco insurrezionalista, posso compiere una spettacolare azione dimostrativa installando cose del genere su un simbolo di potere, di antichità, di conservatorismo e chi più ne ha più ne metta. Ma il motivo per cui una singola istituzione debba ridicolizzare “ufficialmente” un capolavoro del Rinascimento italiano per promuovere una mostra resta misterioso.
Si tratta della medesima mancanza d’amor proprio e del medesimo complesso di inferiorità che fece inferocire tutta Italia quando vennero nascoste le statue coperte ai Musei Capitolini in occasione della visita del presidente iraniano Rohuani. L’arte italiana, quella da cui dovremmo trarre linfa è invece, sempre e comunque, barattabile sempre e comunque. Invisibili rosa dove siete?
Daniele Dell’Orco
Daniele Dell’Orco è nato nel 1989. Laureato in di Scienze della comunicazione presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, frequenta il corso di laurea magistrale in Scienze dell’informazione, della comunicazione e dell’editoria nel medesimo ateneo. Caporedattore del sito Ciaocinema.it dal 2011 al 2013 e direttore editoriale del sito letterario Scrivendovolo.com, da febbraio 2015 è collaboratore del quotidiano Libero, oltre a scrivere per diversi giornali e siti internet come La Voce di Romagna e Sporteconomy.it. Ha scritto “Tra Lenin e Mussolini: la storia di Nicola Bombacci” (Historica edizioni) e, sempre per Historica, l’ebook “Rita Levi Montalcini – La vita e le scoperte della più grande scienziata italiana”, scritto in collaborazione con MariaGiovanna Luini e Francesco Giubilei. Assieme a Francesco Giubilei, per Giubilei Regnani Editore, ha scritto il pamphlet “La rinascita della cultura”. Dal 2015 è co-fondatore e responsabile dell’attività editoriale di Idrovolante Edizioni.