I giapponesi dicono NO ai turisti
Aumenta il numero di residenti che non vede di buon occhio l’incredibile flusso turistico di cui è oggetto negli ultimi anni il Giappone.
I giapponesi sentono minacciata la tranquillità, percepiscono le loro tradizioni a rischio.
Ma perché questa improvvisa chiusura di un popolo famoso per la sua gentilezza e ospitalità?
La “colpa” è da attribuire ai viaggiatori stranieri. Descritti spesso come irrispettosi, maleducati e troppo rumorosi, pare che proprio non riescano a confrontarsi con la cultura locale senza risultare aggressivi.
Il rispetto delle tradizioni e della spiritualità del luogo, quando lo si visita, dovrebbe essere al primo posto fra le regole non scritte del buon turista; eppure un concetto tanto semplice viene infranto ripetutamente e anche con perseveranza.
Per questo, ovviamente, i giapponesi cercano di difendersi come possono.
Luoghi di culto, alberghi, ristoranti: sempre più strutture si rifiutano di accettare le prenotazioni dei gruppi di stranieri, anche a discapito di guadagni sicuri.
Il proprietario di un pub a Kyoto, preoccupato dopo aver visto i turisti usare piatti come posacenere o portarsi cibo dai conbini (mini market giapponesi), ha cominciato a dire agli ospiti stranieri che il locale è completamente prenotato.
Il tempio di Yatsushiro, nella prefettura di Kumamoto, ha smesso di ricevere ospiti nei giorni di scalo delle navi da crociera nel vicino porto. Alcuni dei residenti, infatti, si sono lamentati e non vogliono più “dare un tributo” a un luogo così rumoroso.
Il tempio Nanzoin a Sasaguri nella prefettura di Fukuoka, famoso per l’enorme Buddha sdraiato, ha affisso cartelli in 12 lingue spiegando la natura di importante luogo di preghiera, e specificando di non gradire visite da parte di gruppi stranieri.
Queste sono solo alcune delle situazioni che hanno già visto il rapporto residenti-turisti inasprirsi.
Ad aggiungersi al clima già teso, inoltre, il Ministero del Turismo punta ad aumentare a 40 milioni il numero annuo di turisti da accogliere in Giappone, in occasione delle Olimpiadi di Tokyo del 2020.
Takao Ikado, professore di gestione del turismo dell’università di Takasaki, suggerisce ai governi centrali e locali del Giappone di informare i turisti sulle regole che devono essere rispettate nel paese, come la pulizia e il silenzio in alcune circostanze.
Certo è che stampare cartelli e volantini non basterà a risolvere la situazione.
Il vero cambiamento potrà giungere solo se i turisti prenderanno coscienza del rispetto reciproco, della richiesta legittima di una cultura molto radicata di prestare attenzione al modo “giusto” di visitare il loro Paese.
Richiesta, comunque, che dovrebbe venire applicata ogni volta che mettiamo piede fuori di casa, e che in realtà è anche nel proprio interesse: significherebbe riuscire ad assaporare veramente il viaggio, vivendo un’esperienza completa nella consapevolezza di averla meritata.
E poi perché no, mantenere questo stesso atteggiamento di rispetto anche nel proprio paese non sarebbe così male.