Hermann Hesse, tra materia e spirito nel suo libro “La cura”

di Simone Morichini, in Blog, del 3 Apr 2017, 10:49

Hesse

Anche le stazioni termali hanno rappresentato nella letteratura contemporanea uno dei luoghi più suggestivi per l’ambientazione di romanzi e racconti. È il caso di La cura (Adelphi, 1978) di Herman Hesse (nella foto di copertina) dove, coerentemente con la cultura del tempo, si andava alle Terme con il proposito di curarsi da malattie e disturbi come ci descrive lo stesso scrittore tedesco sin dalle prime battute del libro: “Tra gli acciacchi più frequenti si contano la gotta, i reumatismi e la sciatica, e sono appunto questi mali a portarci qui a Baden. L’ambiente […] non meno del calore dei bagni e dell’odore dell’acqua solforosa, è un elemento specifico di Baden”.

La trama di “La cura”

Il racconto di Hesse prende le mosse dai suoi problemi di reumatismi, le “malattie del ricambio” come le chiama lui. Andando avanti con gli anni, l’autore di Siddartha è infatti costretto a recarsi nella rinomata località di Baden dove, tra bagni in piscina e trattamenti specifici, riflette sul rapporto tra vita e letteratura: “E mentre io […] sto per fare lo schizzo di un soggiorno termale, ripenso ai molti racconti in viaggi termali e a Baden scritti da autori buoni e cattivi”. E così negli ambienti della struttura, Hesse parla di sé come di una persona comune intenta a godersi la normale quotidianità: gioca d’azzardo (principale divertimento di questi stanchi borghesi del tempo), ascolta musica e guarda i film proiettati dal locale cinematografo. Il culmine di questa routine giornaliera a Baden è rappresentata dal suo personale conflitto con l’Olandese, un vicino di stanza, che Hesse inizia a detestare in misura sempre maggiore non perché lo disturbi o lo infastidisca ma semplicemente perché con la sua presenza non lo lascia concentrare sulle sue adorate carte e i suoi cari libri: “Questo signore olandese, che da tanti giorni mi ha impedito di lavorare, da tante notti di dormire, non è né un furioso energumeno né un musico entusiasta, non torna a casa, ubriaco, alle ore più impensate, né bastona sua moglie o litiga con lei, non canta e non fischia, anzi non russa neppure, o almeno non così forte da disturbarmi. È un uomo posato, civile, non più giovane, vive regolato come un orologio e non ha alcun difetto vistoso: com’è dunque possibile che questo cittadino ideale mi facesse tanto soffrire? […] Questo signore dell’Aja ha dunque la disgrazia di essere il mio vicino, di giorno il nemico, l’insidiatore e spesso il distruttore del mio lavoro intellettuale, per una parte della notte il nemico e il distruttore del mio sonno”.

La copertina di “La cura”

E, paradossalmente, quando l’Olandese andrà via dalla stazione termale, Hesse ne inizierà a sentire la mancanza provando uno struggente quanto strano sentimento di nostalgia. Parallelamente ai problemi di “buon vicinato”, lo scrittore tedesco verifica continuamente la sua situazione di salute: “La visita, salvo per ora l’esame del sangue e la radioscopia, diede risultati confortanti. Cuore normale, respirazione eccellente, pressione corretta; c’erano, invece, i segni evidenti di una sciatica, un principio di gotta e l’intera muscolatura in uno stato piuttosto critico”. La cura diventa così il modo per descrivere, da un lato, la routine quotidiana in una tipica stazione termale durante i primi decenni del XX secolo e, dall’altro, l’occasione per un concentrato di riflessioni che riguardano la parte materiale e il lato spirituale della vita.

La ricerca dell’equilibrio di Hermann Hesse

L’Hermann Hesse che leggiamo in queste pagine è una persona che cerca di recuperare un corretto equilibrio tra anima e corpo cogliendo, nella malattia e nel soggiorno a Baden, l’occasione propizia per dare il giusto peso a questo rapporto. E le conclusioni a cui Hesse arriva è che non può esserci distacco tra spirito e materia ma solo un incessante tentativo di pervenire a una precaria stabilità. Per cui, al fondo del libro, si avverte la necessità che, per vivere bene, dobbiamo essere capaci di nutrire sia il nostro corpo, grazie all’esercizio fisico e all’attenzione alla salute, che la nostra anima, ricorrendo alla meditazione e alla riflessione. La cura diventa così un racconto di profonda introspezione personale che Hesse riesce a raggiungere tramite l’utilizzo di un registro narrativo basato principalmente sull’ironia. E così lo scrittore di Il lupo della steppa annota tra i suoi appunti: “Probabilmente ritornerò, una volta, forse più volte. Ma non sarò più quello che fui questa volta. Farò di nuovo i bagni, sarò di nuovo elettrizzato, sarò di nuovo ben nutrito, forse avrò di nuovo delle depressioni e mi scoraggerò, mi metterò a bere e a giocare, ma tutto sarà diverso, come il mio ritorno alla solitudine, questa volta, è stato diverso da tutti i ritorni precedenti”. Siamo fatti di materia e spirito, in ultima analisi. E l’intera esistenza di ognuno di noi si dipana sulla continua ricerca di un equilibrio lungo questa dicotomia.

Simone Morichini

Sono nato a Roma il 20 dicembre 1976 e mi sono laureato in Scienze politiche presso l’Università “La Sapienza” dove ho successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in “Storia delle elite e classi dirigenti”. Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine del Lazio e Molise, lavoro in campo editoriale occupandomi di marketing, distribuzione e promozione libraria. Ho successivamente condensato la mia intera esperienza professionale in una pubblicazione ad hoc dal titolo “Per una manciata di libri. Aspetti commerciali nell’editoria”, uscito nel 2011. Ho collaborato con varie riviste tra cui “Elite e Storia”, “Olimpiaazzurra”, “Iniziativa” e la pagina culturale del webmagazine “DailyGreen”. Mi piace viaggiare e adoro la letteratura scandinava (Arto Paasilinna e Jan Brokken in particolare). Appassionato di lingue straniere (inglese e tedesco su tutte), sono uno sportivo onnivoro e amo la disciplina invernale del Biathlon.