“Giovani e Ricchi” non è poi così cattivo, è la deriva cafonal in Rai che preoccupa
di Gennaro Pesante, in Blog, Media, Televisione, del 15 Set 2016, 17:20
Raidue è la rete “gggiovane” per i “gggiovani” e la scelta di farla dirigere da Ilaria Dalla Tana aveva proprio questa finalità: insistere su quel target. E in un certo senso Giovani e Ricchi è fatto apposta per proporre modelli che parlino in modo preciso a quel tipo di pubblico. Dal punto di vista del marketing l’operazione non fa molte pieghe. E il risultato raccolto da Auditel è stato positivo: 983 mila telespettatori e uno share altisonante al 10,47%.
Le polemiche che ne sono scaturite sono legittime e fondate, e vanno anche oltre l’aspetto – pure sacrosanto – della discutibilità morale del format. E suona più o meno così: può Raidue, ovvero una delle reti del servizio pubblico radiotelevisivo pagato (anche) con i soldi del canone proporre ai giovani modelli di quel genere? Ovvero giovani italiani figli di gente straricca che va in giro per Londra a bordo di una Bentley dorata?! Beh, messa così, la condanna non può che essere unanime. E la discussione che ne è scaturita è un po’ quella di sempre: la ricchezza è di per se stessa un valore negativo? Certo che lo è, ma lo è almeno nella stessa misura della povertà (per dire una di quelle cose alla Catalano!).
Però qualcosa di buono c’è anche in Giovani e Ricchi. Ed è il racconto che ci viene riportato, ovvero una serie di storie che forse non è male conoscere. Perché i ragazzi che si auto raccontano nel programma sono veri. Non abbiamo a che fare col solito format preconfezionato che racconta solo balle attraverso personaggi costruiti ad hoc. Il ragazzotto che afferma di non voler cedere per nessun motivo al mondo nemmeno un giorno della sua ricchezza “perché dovrei farlo?!” – qui ci stava bene uno sganassone! – esiste davvero. E oggi sappiamo come si chiama e dove vive. In qualche modo, in definitiva, viene scoperto un mondo che non tutti conoscevano. Un racconto, appunto, come tanti.
Certo, è urticante l’ostentazione. In alcuni frangenti vorresti davvero essere lì per rigargli il sontuoso macchinone mentre il ragazzotto danaroso ti passa accanto sfoggiando tutti i quattrini che ha. Ma non bisogna mai dimenticare che si tratta pur sempre di televisione. E che il linguaggio ha le sue esigenze. Magari sarebbe stato bello un reportage giornalistico sulla stessa e identica materia. Sarebbe stato certamente più utile e meno (potenzialmente) dannoso. Ma in Rai a volte si fanno percorsi strani, e può capitare che una società di produzione, la Dna International, che aveva già prodotto per Italia1 programmi come “Tamarreide” (proprio così!), sia riuscito a sbarcare addirittura nella seconda serata della tv di Stato portandosi a casa un risultato che sarà foriero di nuovi contratti. Bisogna solo sperare che il filone termini qui e che magari ci saranno in futuro format completamente diversi. La deriva cui proprio non vorremmo assistere è che l’anima “cafonal” di qualcuno che evidentemente si annida nei corridoio di viale Mazzini finisca per prevalere, allargandosi a macchia d’olio. Perché allora saranno davvero guai.
Gennaro Pesante
Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.