Giada, l’unica studentessa del Liceo classico di Massa Marittima
La notizia che vede protagonista la giovanissima Giada Montomoli, sedici anni di Massa Marittima (Grosseto), è di quelle che risvegliano le coscienze e impongono riflessioni. Tanto più in quanto, proprio come lei (ma un pochino prima), anche chi scrive ha svolto studi classici e perciò almeno in piccola parte si sente coinvolto nella questione. Certo non è facile immedesimarvisi, perché ritrovarsi a dover seguire i corsi a tu per tu con i soli insegnanti dopo che, concluso il primo anno, gli altri due – due! – alunni della stessa classe hanno deciso di optare per un altro indirizzo scolastico, non deve essere stato molto semplice. Sta di fatto che oggi questa ragazza è l’unica alunna che frequenta i corsi del secondo anno al Liceo classico San Bernardino degli Albizzeschi di Massa Marittima.
Che cosa è cambiato negli ultimi tempi? I dati parlano chiaro: nell’anno scolastico 2015/2016 la percentuale di coloro che hanno scelto di iscriversi al liceo classico è del 5,5%. Un peggioramento rispetto all’anno precedente, dove i neo-ginnasiali costituivano il 6,1% del totale degli iscritti, percentuale comunque ben più bassa se la si confronta, ad esempio, al 10% del 2007.
Certo, del calo del classico si possono dare diverse letture, tra cui (come peraltro è avvenuto nel sistema universitario a partire dai primi anni del Duemila) vederlo in parte come conseguenza di un moltiplicarsi, talvolta un po’ sclerotico, di corsi, operazione che ha avuto però il merito – insieme a dei demeriti che non staremo qui a dire – di avere allargato il ventaglio delle possibilità di scelta: insomma anche le scuole superiori hanno conosciuto un incremento netto dell’offerta formativa. Ma per tentare di salvare un liceo classico ritenuto in lenta via d’estinzione si è creduto oggi di “attualizzarlo” ibridandolo con altri corsi, ed ecco perciò che assistiamo alla nascita di licei “classici-linguistici” o, com’è accaduto al liceo classico di Aosta, di licei “classici-artistici-musicali”. Operazione giusta o sbagliata a seconda dei punti di vista, ma che certo rappresenta un tentativo pragmatico di fare fronte al problema.
I motivi della crisi del liceo classico riguardano anche ben altre questioni, tra cui l’incedere di quel gigantesco fraintendimento che vede in questo istituto un qualcosa di ripiegato esclusivamente sul passato. Sui grandi numeri, esso non viene più percepito come veicolo di valori applicabili alla contemporaneità, giustificando tale percezione con la banale e profondamente errata equazione che studiare il latino e il greco non siano “attuali” e poco si sposino con le necessità della società odierna. Chi ha studiato al liceo classico conosce l’infondatezza di simili affermazioni; chi invece vi ha studiato negli anni a cavallo tra i Novanta e i Duemila appartiene ancora a una generazione che riteneva questo istituto il liceo per eccellenza, un passaggio quasi obbligato nella formazione delle future classi dirigenti. Oggi non è più così, e sta bene: ciò che ne vogliamo difendere sono i suoi valori culturali, non il simbolo sociale che rappresenta. Il mondo è cambiato, una molteplicità di tendenze e rinnovate esigenze si affacciano alla finestra. Benissimo, ne siamo entusiasti, purché si permetta a studentesse come Giada di seguitare a formarsi attraverso quei valori. In molti non lo voglio ammettere, ma la crisi del liceo classico non è che uno dei risvolti della ben più generale crisi d’identità che da tempo investe il mondo occidentale. Purtroppo in Italia questa crisi ci sembra più accentuata che altrove.
Marco Testa
Cresciuto nell’isola di Sant’Antioco, vive e lavora a Torino. Archivista-storico e musicologo, lavora principalmente per l’Archivio di Stato del capoluogo piemontese. Già collaboratore della cattedra di Bibliografia musicale del Conservatorio “G. Verdi” di Torino, è docente dell’Accademia Stefano Tempia (storia della musica/guida all’ascolto) e collabora con festival e istituti di ricerca. È autore di pubblicazioni d’interesse storico e musicologico.