Florence di Stefania Auci
Mi hanno consigliato un libro. Un bel tomo di più di 400 pagine. Copertina rigida verde salvia. Sopraccoperta con un lungarno dai colori antichi.
Titolo “Florence”, da pronunciare alla francese. Il titolo non mi è piaciuto. Non rende giustizia, non rende l’idea. Anche il lancio – amore, passione, guerra, ideali, e uno scenario unico – poteva essere giocato meglio. Perché l’autrice, Stefania Auci, è donna e ha trascorsi editoriali di romance. Giocarsi subito quell’amore, passione dà un indirizzo preciso. E fa clamorosamente sbagliare strada.
Perché questo libro, che mi hanno consigliato e che ho letto accrescendo di pagina in pagina la gratitudine per chi me lo suggerito, è un romanzo come ormai se ne fanno pochi. Racconta una storia, un periodo, un’atmosfera. Se ci siano elementi autobiografici dell’autrice non so, non credo né mi interessa. Perché Auci si è posta al servizio del racconto defilandosi completamente. Ha studiato tanto, si è documentata bene.
È il 1914 e l’Italia scalpita per entrare in guerra. Ludovico Aldisi, giornalista ambizioso, interventista e appena rientrato dal fronte, ferito e cambiato dall’impatto con il lordume della guerra, pronuncia queste parole: “È iniziato qualcosa di cui non possiamo nemmeno immaginare la portata o la dimensione. Se saremo molto fortunati, cesserà entro alcuni mesi con un accordo che lascerà tutti scontenti. Ma non sarà facile. Soprattutto nulla sarà più come prima. Nulla. Gli equilibri che esistevano prima si sono frantumati. Adesso non è più in ballo un trattato, o un pezzo di carta. È una prova di forza, e non importa che a pagare siano migliaia di uomini. Finirà solo quando uno dei contendenti cederà.”
Siamo a pagina 204, metà libro. Tutta la prima parte ci ha fatti correre come su un vagone senza controllo verso il baratro. Ci ha lasciato solo il tempo di renderci conto di quanta bellezza avevamo intorno. La scrittura di Auci è ricca come non si usa quasi più. Descrive, pennella, colora. Vivaddio.
Siamo di fronte a un affresco di un momento destinato a compiersi. Del senso della fine, del cambiamento, del niente sarà più come prima è permeata l’intera narrazione. E l’agonia di un mondo che si percepiva bello, progredito e invincibile diventa l’agonia dei sogni e delle aspirazioni dei protagonisti. Aldisi cerca il riscatto e trova la sconfitta proprio nel momento in cui si scopre un uomo migliore. Il capitano Freeman perde molto più della guerra e lo fa sapendo di non poterlo evitare. Claudia ha sperato di affrancarsi come donna attraverso un amore mal riposto ed è un errore che non le verrà perdonato. Il professor Laurenti tenta inutilmente di guidare sua figlia Irene sui binari sicuri di una vita da moglie e madre quietamente infelice. Irene si ribella e, come tutti i ribelli, paga caro l’uscire dagli schemi. Dante deve assistere impotente all’allontanarsi della persona che ama non potendo dichiarare il proprio amore vissuto come colpevole. Per tutti c’è un confine, un cambiamento, una sconfitta da cui ripartire.
Ho sentito dire che qualcuno ha bollato questo romanzo come una storia d’amore che non avrebbe dovuto guadagnare gli scaffali delle librerie. Quel qualcuno, probabilmente, non ha gli strumenti per capire fino in fondo quanti livelli di lettura possiede “Florence”. Da pronunciare alla francese e da leggere. Per uscirne più ricchi.