“Dov’è Mario?” è il paradigma non voluto della crisi della tv italiana
di Gennaro Pesante, in Blog, Media, New media, Recensioni, Serie tv, Televisione, del 30 Mag 2016, 17:53
Guardi Corrando Guzzanti nella sua nuova performance televisiva e ti viene in mente tutta l’essenza della crisi della tv italiana. C’è questo personaggio, di giorno l’intellettualone Mario Bambea e di notte il comico trash Bizio Capoccetti, in cui a parte l’estro del comico vedi finalmente una scrittura, uno straccio di idea e addirittura di copione. Alla base di tutto, assieme a Guzzanti, c’è anche Mattia Torre, già autore e regista della serie tv culto “Boris”, e nella nuova serie targata Sky si intravede buona parte proprio di quel cast. Una garanzia. Dunque l’impianto era già in partenza di sicuro successo, e già nella prima puntata si è potuto ammirare buona parte del potenziale.
A parte questo, e per evitare di accodarsi alle decine e decine di critiche – tutte positive – che la serie tv sta già avendo, viene da proporre una ulteriore riflessione che ha a che vedere con il contesto televisivo nel quale questo prodotto si colloca. Ed è inevitabile legarlo idealmente ai due filoni di cui in qualche modo è ostaggio la tv generalista italiana. Da un lato la piaga dei talk show e dall’altro il proliferare di talent comici (spesso culla di personaggi a dir poco trash) che pure sta mietendo vittime nel già decadente linguaggio del piccolo schermo.
“Mario Bambea” rappresenta l’ospite medio dei Giannini e dei Floris, dei Paragone e dei Greco, sempre alla ricerca di una parola forbita, sempre alla ricerca di una tesi su cui pavoneggiarsi davanti alle telecamere. È l’ospite da salotto tv che funziona sempre, che si fa amare ma soprattutto odiare. È quello su cui si tenta, spesso inutilmente, di raggranellare quel mezzo punto di share, a volte aizzandogli contro il politico “pecoreccio” di turno sempre in vena di insulti.
“Bizio Capoccetti” è invece il comico dalla battuta facile, con la parolaccia sempre pronta. Quello che ci rappresenta la vita che fa ogni italiano più o meno “medio” alla ricerca della propria auto nell’immenso centro commerciale o di un posto nell’affollata spiaggia del fine settimana. È quel personaggio di cui ci vergogneremmo a parlare con i colleghi in ufficio ma che ci fa tanto ridere nel salotto di casa nostra, quando fuggiamo davanti all’ennesima replica di Montalbano alla ricerca di un momento di relax e in assenza di contenuti davvero alternativi.
Insomma “Dov ‘è Mario”, probabilmente senza volerlo, incarna l’attuale situazione della tv italiana, povera di idee, ostaggio di finto impegno e vera spazzatura. Una tv senza anima, senza narrazione, alla ricerca di un pubblico facile che in realtà non esiste più da nessuna parte. Certo, sicuramente non sarà stato questo l’obiettivo di Guzzanti e gli altri autori, però sembra quasi si sia materializzato una sorta di riflesso condizionato, quasi che in questo Paese non ci sia televisione che non passi attraverso le risse dei talk o le battutacce del talent comici, con buona pace proprio di quegli autori – capaci di piccoli capolavori proprio come “Boris” – che invece sarebbe bello avessero più spazio per scrivere un tv diversa, magari non solo negli spazi tematici (e più ricchi) del satellite ma anche, e magari soprattutto, nel piccolo mondo antico del digitale terrestre all’italiana.
Gennaro Pesante
Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.