Deutschland über alles (in Kultur). Italia al di sotto di tutti, invece!
Sarò estremamente caustico in questo articolo. Sappiatelo, che a me queste cose adirano in modo termonucleare.
Parlerò in primis di Germania. La tanto (da tanti) odiata Germania, che in Europa fa il bello e il brutto tempo, la Germania della Frau Merkel che impone diktat e giudica tutti gli altri paesi europei.
Beh, giusto o sbagliato che tutto ciò sia, qui, ora, non mi interessano tali questioni. Me ne interessa un’altra, della quale quasi nessuno ne ha dato notizia e parlato in Italia. E io credo non casualmente, dacché, sapete bene, i media e gli organi di informazione (?) sanno bene che a volte non devono informare ovvero devono (fingere di) farlo in un certo modo, perché qualcuno preferisce così.
Comunque, venendo al sodo, traendo la notizia da Artribune, unico media che, mi pare, vi abbia dato il giusto risalto: la commissione Bilancio del Bundestag ha di recente comunicato che gli stanziamenti per la cultura cresceranno nel 2015 di 118 milioni di euro in più, per un totale di oltre 1 miliardo e 300 milioni. Un aumento percentuale del 4,26 %, impensabile con le logiche dei nostri governanti. “La commissione Bilancio ha scelto di dare un forte segnale sulla centralità della politica culturale” ha dichiarato Monika Grütters, ministro tedesco della cultura. “Vorremmo che l’esempio fosse seguito dai responsabili culturali dei diversi Länder, che in un momento finanziariamente difficile non subiranno tagli dal governo centrale”.
Bene (si fa per dire). Posto ciò, facciamoci del male, ora (“grazie” a questo articolo, ma se ne trovano innumerevoli altri, in tema). L’Italia, che fino al 2009 spendeva in cultura lo 0,9 % del Pil, è calata allo 0,6% nel 2011, finendo così all’ultimo posto fra i 28 Paesi dell’Unione Europea. Questo è quello che emerge dall’analisi delle spese in cultura condotta dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica della Presidenza del Consiglio. Lo studio registra un lieve incremento nelle regioni del Nord, quelle del Centro stabili sugli stessi valori, ma al Sud un ulteriore, drammatico calo. Nel contesto europeo, l’Italia evidenzia il più alto disinvestimento nel decennio con un meno 33,3%, più del doppio rispetto alla Grecia che registra un meno 14,3%. Intanto altri Paesi, dall’Olanda all’Ungheria, dalla Danimarca alla Slovenia, investono nel settore oltre l’1,5% del Pil, e quasi tutti gli altri Paesi europei oscillano tra l’1 e l’1,5%.
Si veda pure questa significativa infografica (cliccateci sopra per vederla interamente), che ho tratto da qui:
Come denota Massimo Mattioli nell’articolo di Artribune citato, “Quello che in Germania non è in discussione, per esempio, è che chiudere o comunque ridimensionare un museo, o un altro centro culturale, non provoca un danno solo nella misura in cui mette in difficoltà i lavoratori direttamente coinvolti: è un vulnus inaccettabile all’identità nazionale, è una minaccia grave alla formazione, all’educazione delle nuove generazioni. E infatti non accade: i fondi destinati alla cultura, giustissimamente, non stanno sullo stesso piano di altri investimenti pubblici, e quindi oggetto di oscillazioni, di contrazioni aprioristiche e incondizionate. Non vengono trattati come investimenti improduttivi e quindi primo bersaglio dei risparmi, come accade spesso anche dalle nostre parti.”
Ecco. Poste tali indiscutibili osservazioni – che indiscutibili lo sono dacché basilari per la sussistenza istituzionale e sociale di qualsiasi paese civile – avrete forse notato che i dati sopra citati sullo stato delle cose in Italia risalgono al 2011 (perché pure nel determinare e aggiornare queste cose siamo bravi e lenti somari!). Dunque voi potrete supporre: beh, ma in questi ultimi anni c’è stata una certa presa di coscienza sull’importanza della cultura, e sulle sue benefiche ricadute in ogni ambito della società civile, no?
No. E vi cito solo l’ultima, lampante e adirante prova che qui le cose, in tema di cultura, vanno sempre peggio. Cito ad esempio dall’ANSA – notizia dello scorso 24 febbraio: “La scure dei tagli sul bilancio 2015 è pesantissima su tutti gli assessorati. Ad esempio per il dipartimento Cultura è del 27%. Così l’assessore alla Cultura di Roma Capitale Giovanna Marinelli durante la seduta della commissione capitolina Cultura. La giunta sta inoltre pensando ad internalizzare il Sistema Biblioteche. “Le risorse sono di meno e bisogna rendere efficiente il servizio”, ha detto l’assessore al Bilancio Silvia Scozzese.”
Ok. A questo punto, sappiate che a me, in tutta sincerità, viene solo da dire questo: almeno per quanto riguarda la cultura (ma non solo, a ben vedere), dove vogliamo andare?
Dove – vogliamo – andare?Eh?
Teniamo le terga su un tesoro che ci farebbe ricchi e potenti, nonché leader culturali per l’intero pianeta, e cosa facciamo? Non solo non lo sfruttiamo, ma scaviamo per sprofondarlo ancora di più, sprofondando così non solo la fortuna che ci donerebbe ma pure la nostra etica civica, la nostra identità, la nostra intelligenza. E dietro a ciò, potete pure torturarmi ma non cambio la mia convinzione, c’è una precisa strategia di rincretinimento nazionale. Infatti che credete, che vi saranno popolari levate di scudi, contro queste situazioni?
Deutschland über alles! – altro che! E chiedo asilo politico in Germania, quasi. Anche per come lassù vi sia – altra cosa pregevole e per noi utopica, a quanto pare, per restare in ambiti culturali – una delle migliori leggi sul prezzo del libro europee.
Povera Italia. MISERRIMA ITALIA!
Tuttavia, e concludo, se si sta su una nave che sta inesorabilmente affondando, non c’è cosa peggiore che starsene lì sul ponte di essa senza fare nulla. O no?