Da Mia Martini a Mina, da Lady Gaga alle Pussy Riot: quando la Musica è un sostantivo femminile
L’8 marzo è la festa della donna, giornata di cui si potrebbe discutere all’infinito, in modo polemico, in modo scontato. Certo è che la donna ha ancora oggi molto per cui combattere, ma non è questo il luogo per aprire una discussione del genere. La donna ha dovuto lottare sempre, in ogni ambiente, e la musica è uno di quelli. Proprio così, nei secoli passati se eri di famiglia agiata potevi permetterti di imparare a suonare, cantare, ma doveva restare un “hobby”, sia chiaro. È per questo che accanto a Mozart, Beethoven non troviamo menzionata nessuna compositrice donna (e ce n’erano). La musica era un “di più”, qualcosa che non guastava nel curriculum della ragazza che aveva un unico scopo: riuscire a contrarre un matrimonio vantaggioso (economicamente, ovvio).
Tra Ottocento e Novecento gli eventi iniziano a cambiare le carte in tavola. Si percepisce molto lentamente che le donne stanno conquistando terreno e, musicalmente parlando, negli anni Venti del secolo scorso la musica non è più solo per uomini. Non è più indecente esibirsi in pubblico. Basti pensare alla grande figura di Marlene Dietrich che in quegli anni inizia ad ammaliare tutti con la sua voce (e con le sue interpretazioni cinematografiche).
Man a mano i locali si riempiono di ambo i sessi, e sono sempre di più le donne che salgono sui palchi, che incidono dischi, che diventano delle vere e proprie dive venerate da tutti. La scena jazz e blues è forse quella più ricca di esempi. Billie Holiday, Nina Simone, Ella Fitzgerald e più in là Etta James, sono solo pochi nomi, ma scolpiti a caratteri cubitali (e meritati) nella storia.
God bless Elvis Preasley! Gli anni ’50 sono gli anni del Re bianco che canta la musica nera. È il BOOM definitivo, da qui non si torna più indietro. Il Rock ‘N’ Roll è un fenomeno sociale: tutti lo ballano, tutti lo cantano, tutti lo venerano, tutti lo imitano.
Il Rock comporta anche un cambiamento dei costumi: le ragazze piano piano abbandonano gli abiti delle madri, così rigorosi e spersonalizzanti, per osare e sperimentare sempre di più. E questo è solo l’inizio.
Gli anni ’60 sono la svolta. Ormai la moda è donna, la vita anche notturna è aperta a tutti e tutte che si scatenano nelle discoteche. Nascono le concezioni hippies dell’amore libero, le proteste, le avanguardie artistiche che da qui in poi condizionano anche gli anni a venire non hanno distinzioni sessuali. Sono gli anni di Woodstock, della bellissima e psichedelica Grace Slick, di Janis Joplin, unica nel suo genere. La voce bella, potente, le canzoni blues e un aspetto così lontano dallo stereotipo di “femme fatale”.
Musica e stile si fondono, gli anni Settanta e Ottanta diventano fabbriche di stili e generi diversi, contaminazione di diversi ambiti artistici (una su tutte la Factory di Warhol). Nico, Grace Jones, Joan Jett, Siouxsie Sioux, la sensuale Debbie Harry, tutte artiste di diversi generi musicali ma che diventano vere e proprie icone di stile, moda. Durante gli anni Settanta si ha la svolta, il glam rock. Anche gli uomini vogliono essere donne: David Bowie, ma anche Mick Jagger, esibiscono look androgini che rafforzano la parità sessuale (almeno all’interno della musica).
In Italia si esibiscono le belle voci di Mina, Mia Martini, l’eccentrica Loredana Bertè, la novità Giuni Russo, e Fiorella Mannoia riescono molto più lentamente a conquistare il diritto di essere al centro della scena musicale italiana.
Ma l’universo femminile è un continuo evolversi di costume. Gli anni Novanta ci hanno regalato un mix di diversi personaggi femminili. Madonna è ancora oggi una delle icone più importanti della scena pop, ma anche Kim Gordon, Courtney Love con le Hole, Björk, PJ Harvey. Ognuna è un mondo a sé. Rock, grunge, elettronica, pop: il sesso “per niente debole” si cimenta in tutto creandosi schiere di fan ovunque che riempiono i locali, gli stadi.
Anche l’Italia non è da meno: Roberta Sammarelli bassista dei Verdena, Angela Baraldi, Carmen Consoli, Eva Poles dei Prozac+, Rachele Bastreghi dei Baustelle sono solo pochi nomi di artiste che si cimentano nei generi più svariati.
E ancora oggi godiamo di donne che si fanno “sentire”. Il fenomeno provocatorio Lady Gaga ci ha un po’ ricatapultato culturalmente in quell’uguaglianza di genere, che erano gli anni del glam. E come non citare le Pussy Riot, il gruppo punk russo attivista che ha subìto la dittatura (perché è questo che è) di Putin.
Certo, noi donne saremo costrette a lottare ancora per tanti anni e su diversi fronti, ma una cosa è sicura: la musica è un sostantivo femminile.
Grazia Pacileo
Nata alla fine degli anni ’80 a Catanzaro, vive ora a Pisa dove studia Lettere moderne. Ha collaborato a una web radio, conducendo un programma e scrivendo recensioni musicali. Appassionata di libri e di film in bianco e nero, ma soprattutto divoratrice di musica in cuffia e dal vivo.