Crotone, i lavori per l’ampliamento dello stadio seppeliscono i resti dell’antica agorà
A Roma c’è una vecchia leggenda (ma nemmeno tanto) che vuole che la scarsa copertura della città in termini di chilometri di servizio metropolitano sia dovuta al fatto che, come si inizia a scavare 2 o 3 metri sotto terra, compaiano resti archeologici millenari che bloccano i lavori. Un po’ come se in Texas qualcuno si lamentasse dell’aver trovato il petrolio sotto al proprio giardino mentre scavava per fare un pozzo per l’acqua corrente. “Ma vabe’, a Roma c’è il Colosseo – si dirà -. Ci sono i Fori Imperiali, ci sono scavi archeologici a cielo aperto d’importanza mondiale, a che serve che ne sbuchino altri ogni tre mesi? Meglio avere una metropolitana efficiente”. Un discorso cinico, eppure con qualche misero punto condivisibile.
L’Italia, però, non è solo Roma. È un grande museo illuminato dal sole. E altrove, dove non c’è il Colosseo, trovare nuovi scavi archeologici potrebbe rappresentare una concreta risorsa per il territorio. Tipo a Crotone, profondo Sud, dove i resti dell’antica Kroton, uno dei centri più importanti della Magna Grecia, potrebbero essere valorizzati al punto da attrarre visitatori da ogni parte del mondo. Già, il Crotone Football Club però è da poco stato promosso in Serie A per la prima volta nella sua storia, e lo stadio dove dovrebbe disputare le gare di casa, l’Ezio Scida, necessita di un ampliamento cospicuo per adeguare la capienza agli standard della massima serie (per ora il club calabrese gioca le gare casalinghe all’Adriatico di Pescara, 600km più a Nord).
Sotto quelle che dovrebbero essere, e a questo punto saranno, le nuove gradinate, sorgono proprio i resti dell’antica Kroton, sepolti, nonostante l’«inedificabilità assoluta», sotto una colata «provvisoria e rimovibile» di cemento. Lo racconta Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera:
«Provvisoria e rimovibile» come quella che seppellì anni fa un’altra area archeologica per fare la serie B. Già a suo tempo, nella scia di un secolare disinteresse per ciò che resta di Kroton, lo stadio era stato costruito nell’area dell’antica agorà. Come del resto una infinità non solo di case private ma di edifici pubblici tirati su senza alcun rispetto per la storia. Trovavano tracce archeologiche? Una bella betoniera di cemento e fine, non se ne parlava più.
Che lo stadio fosse stato eretto nel punto sbagliato lo sancì già nel 1978 uno studio archeologico. Tanto che nel 1981 arrivò finalmente anche il vincolo di inedificabilità assoluta. Cosa che avrebbe dovuto spingere un’amministrazione comunale seria e una società calcistica seria a mettere in programma un altro impianto. Altrove.
«Alla fine degli anni 90, quando il Football Club Crotone raggiunse lo storico traguardo della promozione in Serie B», ha scritto l’archeologa Margherita Corrado (la stessa che tempo fa sollevò un putiferio per bloccare la cementificazione di Capo Colonna, oggi nuovamente a rischio per il progetto di un nuovo villaggio turistico a ridosso del sito), «l’entusiasmo generale fece però una vittima: l’adeguamento della curva nord dello stadio comunale “Ezio Scida” si mangiò, letteralmente, un lembo dell’agorà». Il tutto prima che la soprintendente dell’epoca, ignara, si accorgesse dei lavori in corso. Poi accettati con la scusa della solita «emergenza» (la promozione in B!) e l’impegno che le nuove strutture sarebbero state leggere, temporanee e rimovibili. Ma si sa come sono l’Italia: nulla è più definitivo del provvisorio. Le strutture sono ancora lì.
Ora riecco la stessa «emergenza»: la serie A! Cosa fare, per essere in regola coi parametri? Ovvio: «Ampliamo ancora lo stadio!» Stavolta, però, c’era dall’altra parte Salvatore Patamia, segretario regionale con l’interim in attesa della nomina del nuovo soprintendente unico creato dalla riforma Franceschini. Risposta del 3 giugno alla prima domanda di ampliamento della tribuna ovest e della curva sud: impossibile, c’è il vincolo archeologico. Seconda risposta, il 13 luglio: impossibile, c’è il vincolo archeologico. È la legge. Punto.
Il nuovo sovrintendente, Mario Pagano, che quando era in Molise aveva autorizzato la costruzione d’una palizzata di 16 gigantesche pale eoliche alte più del grattacielo Pirelli sopra le splendide rovine dell’antica Saepinum, nel giro di 24 ore, con una velocità strabiliante per la burocrazia italiana, approva la richiesta del Comune e della società calcistica di costruire, esattamente come 15 anni fa, delle strutture leggere, provvisorie e totalmente rimovibili. Beninteso: rimovibili chissà quando dopo aver smantellato coi martelli pneumatici e i caterpillar la piastra di cemento che ha già seppellito l’area vincolata. Il tutto col benevolo assenso del sottosegretario ai Beni culturali, la crotonese Dorina Bianchi.
I cittadini di Crotone, sui social, non vedono l’ora. Con buona pace degli antichi resti.
Redazione
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