Come si muove il mercato dei media italiani
Dicembre: è tempo di tirare le somme dell’anno appena trascorso e cercare di capire cosa riserverà, per i media italiani, quello che si accinge ad iniziare.
La britannica Ofcom, omologa dell’Agcom italiana, ha pubblicato l’annuale International Communication Market Report, che analizza e compara i dati del mercato delle comunicazioni di 17 nazioni, tra cui UK, USA, Spagna, Germania, Francia e Italia.
Le 400 pagine del rapporto dell’Ofcom dipingono un ritratto del nostro Paese fortemente contraddittorio. L’Italia vanta infatti due primati importanti per il consumo mediale. Il primo riguarda il possesso e l’utilizzo di tablet e digital radio, il secondo la lettura di quotidiani nazionali (consultati almeno una volta la settimana).
Maglia nera per l’Italia invece per quanto riguarda il livello di investimenti pubblicitari sulla rete. E proprio la rete sembra essere il tallone d’Achille del consumo mediale italiano, che si piazza nelle ultime posizioni negli acquisti on line pro capite.
La televisione rimane il mezzo di comunicazione di massa preferito dagli italiani, secondi soltanto agli statunitensi per il maggior tempo pro-capite dedicato alla TV.
Il dato più significato per il Bel Paese che emerge dal Report dell’Ofcom è dunque l’andamento negativo del mercato pubblicitario e la scarsa penetrazione di Internet, sia in termini di infrastrutture che di utilizzo in Italia.
Quali prospettive riserva quindi il 2015 ai media italiani? L’Italia figura tra gli ultimi posti nel numero di copie vendute dai quotidiani nazionali. Il 2015 non invertirà questo trend: i giornali venderanno sempre meno copie, ciò ridurrà lo spessore degli investimenti pubblicitari, esasperando la crisi strutturale del settore. Se la carta stampata continuerà nel suo lento e inesorabile declino, la seconda generazione di testate on line registrerà invece i suoi primi successi, con siti come Blogo e Fanpage, che contano oggi oltre mezzo milione di utenti unici al giorno. Si tratta di progetti editoriali che hanno strutture organizzative che riducono ai minimi termini le spese di redazione, e che, dal punto di vista giornalistico, offrono contenuti fruibili molto velocemente e poco impegnativi.
Sembra dunque che il 2015 sancirà da una parte il definitivo abbandono del modello di business tradizionale basato sul binomio vendite-pubblicità, e dall’altra la scomparsa del valore, giornalistico ed economico, della selezione dei contenuti online. Le antiche placche del giornalismo tradizionale si stanno muovendo lentamente e producono profonde mutazioni della crosta del sistema mediale. L’idea di giornale come pacchetto monolitico sta scomparendo, ed è necessario, sia sulla carta stampata che sul digitale, un profondo ripensamento del prodotto mediale fin qui sottoposto, che è stato si modificato negli anni, lasciando però inalterata la struttura di base. A tal proposito sono nate piattaforme come Etalia, Blendle o FirstFT, che aggregano più giornali e riviste e offrono la possibilità all’utente di comprare singoli articoli, eliminando il superfluo. Staremo a vedere nell’anno che verrà.
Francesco Frisone
Francesco Frisone, nato nel 1994 a Roma. Frequenta la facoltà di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Pavia, è allievo IUSS e alunno dell’Almo Collegio Borromeo. Ha frequentato la London School of Journalism nell’estate 2014 e ha lavorato per l’Ufficio del Sindaco Depaoli a Pavia nel 2015. Si interessa di media, politica e campagne elettorali.