“Carmen” di Mario Martone al Teatro Argentina
Si entra in sala e si sente subito il rumore del mare. Questa è la prima cosa che colpisce. La storia della Carmen, ora in scena fino a domenica 19 aprile al Teatro Argentina di Roma, è ambientata a Napoli, in un’epoca non ben definita. Napoli, secondo la visione del regista Mario Martone, è al centro di un mondo latino fatto di nomadismi. In questo spettacolo la lingua e la musica sono al centro di tutto, il vortice che tutto attrae: l’amore, la passione, il tradimento, la libertà e la violenza, l’allegria e il dolore, il mistero. Lo spettacolo, produzione della Fondazione Teatro di Roma e del Teatro Stabile di Torino, verrà messo in scena anche a Genova, Bari, Brindisi, Fano, Milano e Trieste.
Il testo è stato riadattato da Enzo Moscato, il quale ha preso come ispirazione dialoghi e personaggi della tradizione, ma anche guardando alla novella omonima di Prosper Mérimée del 1845 nonché ai testi di Ludovic Halévy e Henri Meilhac, autori del libretto della famosa trasposizione operistica di Georges Bizet.
Lo spettacolo, ispirato alla sceneggiata come alla zarzuela, prende spunto anche dal teatro popolare con musiche tipico del grande artista partenopeo Raffaele Viviani, di cui Martone ha messo in scena I dieci comandamenti. La musica, che è un riadattamento dei brani più famosi della sovraccitata opera di Bizet fatto da Leandro Piccioni e Mario Tronco, il quale anche dirige l’orchestra, ha una parte importantissima in questo spettacolo; accompagna le scene ma ne diventa parte integrante, anche quando alcuni dei musicisti dell’Orchestra di Piazza Vittorio, formazione che promuove l’integrazione musicale di diversi stili e paesi, diventano attori, semplicemente salendo sul palco e affrontando le loro parti.
La storia parte dal racconto di Cosè in carcere a Procida, e si presenta come un lungo flashback. Il suo amore travolgente per Carmen, creatura inafferrabile, appartenente ad un mondo completamente differente per lui, un umile soldato proveniente, come dice lui stesso, da un borgo dell’Alta Italia, viene raccontato in tutte le sue sfaccettature drammatiche. Anche Carmen, che alla fine non muore ma diventa cieca a causa dell’aggressione di Cosè e prende parola anch’essa per raccontare la vicenda, viene resa molto bene nel suo essere donna libera, fuori da ogni convenzionalità.
Tutto ha funzionato alla grande. I due attori protagonisti, Iaia Forte nel ruolo di Carmen e Roberto De Francesco nel ruolo di Cosè, si sono impegnati al massimo per rendere ogni aspetto dei loro personaggi, così come il resto del cast, cioé: Ernesto Mahieux nel ruolo di Lilà Bastià, che si presenta anch’esso come narratore ed ulteriore protagonista della vicenda, che alla fine mette in mano a Cosè l’arma per uccidere il suo rivale in amore, ‘O Torero del bravissimo Houcine Ataa. Molto bravi anche Giovanni Ludeno come Tenente Zuniga, Anna Redi come Mercedes, Francesco Di Leva come ‘O Dancairo, Raul Scebba come ‘O Rinacciato, Viviana Cangiano come Dorotea e Kyung Mi Lee come Fraschina.
Fantastica la direzione di Mario Tronco e l’esecuzione dell‘Orchestra di Piazza Vittorio, formata da: Emanuele Bultrini, Peppe D’Argenzio, Duilio Galioto, Kyung Mi Lee, Ernesto Lopez, Omar Lopez, Pino Pecorelli, Pap Yeri Samb, Raul Scebba, Marian Serban, Ion Stanescu.
Molto belle le scenografie di Sergio Tramonti e della sua assistente Sandra Müller, ed i costumi di Ursula Patzak e le luci di Pasquale Mari. Il suono era curato da Hubert Westkemper e le coreografie da Anna Redi. L‘aiuto regia è di Raffaele Di Florio e le foto sono di Mario Spada.
Mario Martone, già regista del bellissimo film Il giovane favoloso, ci porta a vivere dentro l’atmosfera di questa Carmen. Il pubblico vive con i personaggi.
Marco Rossi
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