Art in pills e storiuncole il Laocoonte di Brescia
di Viviana Filippini, in Arte, Blog, del 5 Nov 2018, 12:32
Brescia: il drammatico naturalismo del Laocoonte di Luigi Ferrari
Sono stata in visita alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia e ammetto che alcune delle opere esposte hanno avuto un fascino particolare sulla mia mente e animo. Una di queste, senza ombra di dubbio, è l’imponente statua del Laocoonte di Luigi Ferrari, posta nell’ultima sala della pinacoteca.
Quello che mi ha colpito della statua in marmo di Ferrari, riproducente il sacerdote veggente della mitologia greca, sono la forza del gesto di Laocoonte che tenta di liberarsi dalle serpi, la sua espressione corrucciata nel tentativo di compiere l’impresa nella speranza desiderata di trovare la salvezza per sé e per i figli (uno avvinghiato a lui, l’altro esanime a terra, già stritolato dalle due serpi marine).
Ferrari, figlio dello scultore Bartolomeo e allievo di Canova, modellò il marmo con sapienza tanto da renderlo realistico, simile alla carne vera. Quello che però mi ha colpito in modo maggiore è che nell’opera di Ferrari, rispetto al Laocoonte presente a Roma, c’è maggiore espressività dal punto di vita emotivo.
Osservando Laocoonte il suo corpo è un po’sbilanciato, il volto è trasformato dalla sofferenza e dal dolore, i muscoli sono in tensione massima e poi c’è quella mano proiettata verso l’alto, che si allunga in una disperata richiesta di aiuto, purtroppo vana. Un’ espressività drammatica di un uomo ancora vivo, che contrasta con i corpi senza vita dei due figli che lui, padre, aveva cercato di salvare, inutilmente, dalla furia assassina dei due serpenti marini inviati da Pallade Atena a punire il sacerdote ostile ai greci.
Luigi Ferrari espose la versione in gesso della scultura del Laocoonte a Brera, nel 1837. Paolo Tosio ne fu conquistato e ne commissionò una copia in marmo, che l’artista finì in modo definitivo attorno al 1853. Tosio e la moglie, morti nel 1842 e nel 1846, non la videro mai compiuta.
Il Laocoonte di Ferrari resta un capolavoro scultoreo dove mitologia, naturalismo della lavorazione del marmo ed emotività si mescolano alla perfezione donando alla statua una profonda e rinnovata umanità. (foto personale scattata in loco a Brescia)