L’angelo ferito di Hugo Simberg
Azzardo un’interpretazione: il ragazzino vestito di nero ricorda un becchino, quindi potrebbe essere la rappresentazione metaforica della Morte, che guida l’angelo ferito (perché ha finito la sua funzione di protezione verso il suo custodito) e il genere umano (rappresentato dall’adolescente che guarda fuori dalla tela) verso il regno dei Morti. Il fatto che il ragazzo con la giacca marrone ci guardi, potrebbe essere un monito, un richiamarci al fatto che la fine della vita riguarda tutti.
L’arte è davvero un’immensa biblioteca e ogni nazione, nel corso del tempo, è riuscita a dare forma ad opere d’arte rappresentative della propria terra e del movimento artistico all’interno della quale il dipinto, la fotografia o la scultura vanno ad inserirsi. Oggi mi occupo di un artista finlandese, Hugo Gerard Simberg, e del suo fare arte molto vicina al simbolismo nella Finlandia di fine 1800 e inizio 1900. Il quadro che ho scelto di conoscere con voi è L’angelo ferito, un olio su tela realizzato nel 1903 e conservato oggi all’Ateneum di Helsinki.
La tela ha come soggetto tre figure, sono tre ragazzini. Al centro della rappresentazione si vede una ragazzina dai capelli biondi e lunghi. La giovane, un angelo, indossa una tunica bianca, così come è bianca la fasciatura vistosa che le attornia il capo e non sappiamo se il suo capo è bendato, perché ferito, o per proteggerle gli occhi dalla luce del sole o per nasconderle il posto dove la stanno portando. La figura esile e delicata ha due ali piumate e bianche nelle quali si scorgono alcune macchie di sangue. Osservando bene la figura vediamo che nella mano destra stringe un mazzo di fiorellini (anche loro bianchi) nei quali non è difficile identificare il bucaneve, un fiore che ha il significato simbolico di purezza e di rinascita.
La giovane, non è sola, lei si tiene ben salda ad un sorta di barella trasportata da altre due figure. Due maschi a lei coetanei. Quello a sinistra, completamente vestito di un abito pesante di un nero fitto, indossa un cappello delle stesso colore e tutto il nero che lo ammanta, lo rende una sorta di macchia scura che si innesta nel paesaggio che lo circonda. Il portantino, nel suo vestito che lo infagotta e che sembra essere troppo grande per lui, guarda dritto davanti a sé e, a quanto sembra, nulla e nessuno riusciranno a distrarlo dalla sua impresa. Dietro all’angelo ferito si trova l’altro ragazzino che sta trasportando la barella, ed è molto diverso dal suo compare. Questo giovane indossa stivaloni, pantaloni scuri e una umile giacchetta marrone con le maniche un po’ troppo corte e, non a caso, si vedono bene i suoi polsi magri. Anche lui sta trasportando l’angelo ma, a differenza del collega o amico, il ragazzo sembra più grande di età ed è meno assorto nel suo fare, tanto è vero che lui guarda fuori dalla tela rivolgendo il suo sguardo, un po’ dubbioso, all’osservatore che sta fuori dalla tela.
L’atmosfera del dipinto e le tre figure danno forma ad una dimensione di sensazioni enigmatiche. La cosa certa è che, angelo escluso, i due ragazzini sono molto cupi, anzi preoccupati. Non sappiamo se la loro tensione sia dovuta al non conoscere la sorte della ragazzina angelo ferita nelle ali. Non sappiamo se sono preoccupati perché si sentono in colpa per quello che è accaduto alla giovane, che potrebbe essere la loro amica o anche il loro angelo custode. Non sappiamo se le figure potrebbero incarnare per esempio il genere umano (i due ragazzi) e la fede o il rapporto con essa (l’angelo). Le ragioni delle preoccupazioni dei giovanotti restano a noi sconosciute. Certo è che Simberg, artista di stile molto vicino al Simbolismo, non diede mai una spiegazione precisa del quadro e lo fece in modo volontario giustificando la sua scelta come un atto che potesse lasciare allo spettatore la possibilità di dare un proprio significato all’opera. Questa è una voglia di coinvolgere chi guarda, nel senso la dimensione della percezione soggettiva è quella che determina e caratterizza lo stato emotivo-comprensivo dell’artista e dell’osservato, i quali guardando il dipinto “sentono” in modo personale quello che la tela propone.
A rendere ancora più claustrofobica la dimensione pittorica è il mondo nel quale le tre persone si stanno muovendo. Un posto caratterizzato da una profonda sensazione di solitudine e isolamento dal resto del mondo. Dietro le tre giovani figure si scorge un paesaggio nordico nel quale si vedono dei campi verdognoli, dove sbocciano gli stessi bucaneve che l’angelo ferito stringe nella mano. A destra si intravede anche un fiumiciattolo azzurro che va a gettarsi in uno specchio d’acqua più grande. Sullo sfondo uno scorcio di paesaggio brullo dalle cromie tendenti all’azzurro, un effetto che ricorda il rarefarsi del colore nella prospettiva aerea di Leonardo. Il tutto è invaso da una luce intensa, brillante e fredda che non lascia il minimo spazio alle ombre e che evidenzia la maestria pittorica di Simberg nel definire ogni piccolo particolare del dipinto. Un stile simbolista, ma con richiami alla cura del dettaglio che riecheggia l’arte miniaturistica e la pittura fiamminga rinascimentale. Il quadro è diventato così famoso nel tempo da diventare un vero e proprio simbolo iconico della cultura finlandese.
Hugo Gerhard Simberg nacque ad Amina nel giugno del 1873, divenne uno dei pittori più noti per la Finlandia. Fu allievo di Akseli Gallen-Kallela, e pian piano sviluppò uno stile molto personale orientato al movimento simbolista. S. realizzò molti affreschi per decorare la cattedrale di Tampere, mentre altri suoi dipinti conosciuti sono: Il giardino della morte (1896), Il demone della pentola (1897), Il contadino e la morte ai cancelli del paradiso e dell’inferno (1897), Sera di primavera quando il ghiaccio di scioglie (1897). S. morì a Ähtäri nel luglio del 1917.