Amazon non fa più paura, il modello di editoria proposto da Bezos non funziona
Siamo tutti d’accordo che per ordinare una nuova cover per l’Iphone 6s non esista al mondo servizio migliore di quello offerto da Amazon. Il rivestimento in pelle con il faccione di Hello Kitty ti verrà recapitato a casa praticamente il giorno stesso da un Umpa Lumpa che rischia una raffica di frustate se si appisola più di 3 ore e 6 minuti ogni 24.
Tuttavia, da e-commerce di comprovata efficienza e comprovato sadismo, il colosso di Seattle ha qualche anno fa iniziato a far paura agli editori, quando Jeff Bezos, sceso dal primo all’ottantasettesimo posto in un anno nella classifica dei migliori Ceo al mondo della Harvard Business Review, ha avuto la grandiosa idea di rivoluzionare la filiera tradizionale, costringendo i legislatori ad inventare addirittura un provvedimento, la Legge Levi, per bloccarne l’avanzata. Ora, che la suddetta filiera abbia dei difetti, e pure grossi, è ormai palese anche a chi, anziché libri, vende agrumi. Ma che Amazon col suo “il distributore non serve, l’editore non serve, e se vi comprate una stampante buona non serve nemmeno la tipografia” non sia molto più credibile lo stanno accertando i recenti fatti di cronaca. Fatti, tra l’altro, che balzano all’onore delle cronache con una certa ciclicità, visto che se ne parla piuttosto regolarmente. Se il consumo di libri digitali nel paese dei balocchi degli ebook, il Regno Unito, è calato al punto da portare la catena Warerstones a sostituire i Kindle con dei libri di carta, i motivi sono almeno un paio.
Con una prova empirica stile La Zanzara il Sunday Times ha dimostrato come il sistema di gerarchizzazione dei libri sul celebre portale, basato sulle recensioni e sulle valutazioni degli utenti (che poi siano anche lettori o meno poco importa) sia completamente inefficace, deleterio, antimeritocratico. Al limite della truffa. In pratica hanno pubblicato un libro di giardinaggio, Everything Bonsai, scritto in fretta e furia in un fine settimana e tutt’altro che privo di errori, riuscendo a farlo arrivare, nel giro di pochi giorni, ai primi posti della classifica dei bestseller della categoria. Come? Comprando le recensioni, semplicemente. Per pochi euro, infatti, è possibile assoldare un “professional review writers“, un “autore professionista” di recensioni, che può recensire il libro di turno: il cliente decide il giudizio da dare (eccellente, buono, passabile o scadente) e i “recensori” fanno il resto. Il sistema è così collaudato che esistono anche sconti per chi compra le recensioni all’ingrosso: tre recensioni per dieci dollari, due per cinque sterline. Al Times sono bastate solo 56 sterle. Che poi nel libro ci sia scritta la Bibbia in braille, i protocolli dei Savi di Sion o l’ultimo di Moccia non frega nulla a nessuno. E non è finita. Visto che Amazon specifica accanto a una recensione se si tratta di un “acquisto verificato”, ossia rilasciato da un recensore che ha effettivamente acquistato quel prodotto, i “review writers”, travestiti da hacker, saccheggiano i profili Facebook di utenti ignari, copiando generalità e talvolta anche foto di ragazzi e bambini. Così può capitare che il povero Charley Duffy, quindicenne di Middlesbrough, si ritrovi tra gli entusiasti recensori non solo del libro di giardinaggio più figo del mondo, ma anche di un integratore per accelerare la crescita della barba e altri prodotti.
Ecco, è proprio questo il punto focale del ragionamento. Amazon ha da sempre avuto la presunzione di dover rappresentare un baluardo democratico nel mondo del web, che nel caso della scrittura prevede la logica di base secondo cui tutti possiamo essere potenzialmente scrittori di successo e che la colpa per cui il mondo non lo scoprirà mai è del sistema, e di esso solamente. Quindi scrivi quello che ti viene in mente, autopubblicati col Kindle Direct Program e compra un contatore di banconote, casomai da Amazon. Ma soprattutto rallegrati, perché grazie ai metodi di selezione meritocratica dei prodotti previsti da Amazon, tutto ciò che avrà successo sarà anche il testo migliore in assoluto, visto che lo decidono i lettori. Un principio pentastellato, in pratica. Solo che, come visto qualche rigo più su, non proprio a prova di scasso, anzi.
Un’altra anomalia nemmeno così piccola è stata portata alla luce dal caso di Roosh V, il simpatico scrittore americano che per guadagnarsi da vivere scrive saggi che spiegano come sia giusto legalizzare lo stupro. Dice l’ignaro: “E chi glielo pubblica?”. Ma Amazon, ovviamente. Peccato che se la democrazia ha un lato oscuro del fornire la parola a chiunque, questo risiede proprio nel fatto che il “chiunque” potrebbe essere anche la reincarnazione di Bin Laden, o di Majin Bu, o di chicchessia. E allora, così come Facebook, e in modo parimenti discutibile, anche Amazon ha dei limiti etici, delle “linee guida” per evitare la pubblicazione di materiale inadatto al largo consumo. Recitano più o meno così: “Ciò che noi riteniamo offensivo è tutto ciò che probabilmente anche tu consideri offensivo”. Tradotto: “Se noi riteniamo offensivo un libro lo censuriamo, se tu concordi tanto meglio”. Un’arbitrarietà del genere non può non produrre tutta una serie di problematiche nella selezione delle opere paragonabili a quelle che avevo io quando il tizio che possedeva il pallone non mi voleva in campo, nonostante fossi bravino.
Se i vari Presa dal T-Rex, Rapita dai triceratopi e Presa al museo dei dinosauri hanno consentito ai loro autori di pagare il college ai figli grazie alla voglia di erotismo trash sdoganata dalla pubblicazione della trilogia delle sfumature (che, così come per Twilight è arrivata alla centonovantasettesima bassa imitazione del già piuttosto imperfetto originale), anche il grande Roosh V evidentemente non rientra nel concetto di “offensivo” di Amazon. Cosa che a me spaventa anche un po’.
L’editoria è in coma irreversibile, ma siamo piuttosto certi che la rivoluzione non scoppierà da Seattle.
Daniele Dell’Orco
Daniele Dell’Orco è nato nel 1989. Laureato in di Scienze della comunicazione presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, frequenta il corso di laurea magistrale in Scienze dell’informazione, della comunicazione e dell’editoria nel medesimo ateneo. Caporedattore del sito Ciaocinema.it dal 2011 al 2013 e direttore editoriale del sito letterario Scrivendovolo.com, da febbraio 2015 è collaboratore del quotidiano Libero, oltre a scrivere per diversi giornali e siti internet come La Voce di Romagna e Sporteconomy.it. Ha scritto “Tra Lenin e Mussolini: la storia di Nicola Bombacci” (Historica edizioni) e, sempre per Historica, l’ebook “Rita Levi Montalcini – La vita e le scoperte della più grande scienziata italiana”, scritto in collaborazione con MariaGiovanna Luini e Francesco Giubilei. Assieme a Francesco Giubilei, per Giubilei Regnani Editore, ha scritto il pamphlet “La rinascita della cultura”. Dal 2015 è co-fondatore e responsabile dell’attività editoriale di Idrovolante Edizioni.