Addio Google Glass: le ragioni di un fallimento
Sembrava proprio che questa volta il futuro fosse arrivato in anticipo. E invece ci siamo dovuti ricredere. I Google Glass avevano creato intorno al loro lancio sul mercato un’attesa frenetica, esasperata dalle continue posticipazioni. Eppure, chi questo Natale si aspettava sotto l’albero gli occhialini di Big G è rimasto deluso. Il colosso di Mountain View ha deciso infatti di rimandare a data da destinarsi il debutto in società dei Glass.
Sembra che la lunga gestazione dei super occhiali sia stata problematica e che dai facoltosi utenti-sviluppatori, che avevano preordinato i Glass alla modica cifra di 1500 dollari, non siano arrivati feedback positivi.
Cosa non ha funzionato?
Gli occhiali di Big G sono innanzi tutto ingombranti. La cornice in carbonio non è sufficiente a farli sembrare dei normali occhiali e sembra che gli utenti abbiano smesso molto presto di indossarli in pubblico per paura di apparire ridicoli. Inoltre l’uso prolungato della montatura può provocare fastidiosi mal di testa.
Problemi si sono riscontrati anche con l’interfaccia vocale di Glass che, a detta degli utenti, è capriccioso. Glass è normalmente in stand-by e per attivarlo è necessario chiamarlo con un “Ok, Glass” e poi scandire attentamente il comando vocale. Però il software spesso si attiva anche se non chiamato, disturbando l’utente con informazioni non richieste.
C’è poi da dire che per utilizzare Glass si ha comunque bisogno del proprio smartphone perché gli occhiali non hanno accesso autonomo ad Internet e necessitano di allacciarsi alla rete del cellulare per compiere le loro ricerche, con ulteriore dispendio di energia e di banda. Scarsa autonomia della batteria e bassa qualità della fotocamera completano il quadro.
Un fallimento, quello dei Google Galss, previsto già nel 2013 da alcune delle penne più illustri del giornalismo tecnologico statunitense che avevano fatto notare come le infrastrutture della realtà aumentata, che aggiunge una componente virtuale al mondo reale, non siano ancora pronte. Sono troppo poche le applicazioni per i Glass, troppo pochi i servizi offerti, troppo alto il costo.
Camminare per via del Corso a Roma o in zona Duomo a Milano con i Glass sul naso o con uno smartphone in mano oggi non fa differenza, se non nel portafoglio (molto più leggero se si indossano gli occhiali di Google!).
Certo è che la wearable technology, la tecnologia indossabile e modellata intorno al corpo umano, è il nuovo campo di battaglia dei grandi colossi dell’hi-tech. Ed è per questo che Glass si sgancerà dall’ambiente uterino del Googleplex e diventerà una start-up con l’obiettivo di creare un prodotto vendibile e davvero fruibile.
Per il futuro c’è ancora tempo.
Francesco Frisone
Francesco Frisone, nato nel 1994 a Roma. Frequenta la facoltà di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Pavia, è allievo IUSS e alunno dell’Almo Collegio Borromeo. Ha frequentato la London School of Journalism nell’estate 2014 e ha lavorato per l’Ufficio del Sindaco Depaoli a Pavia nel 2015. Si interessa di media, politica e campagne elettorali.