Intervista ad Alberto Fezzi, autore dell’ebook “La mirabolante storia di un impiegato di banca”
Un giovane studente universitario, che sogna di andare a Stanford e ad Harvard dopo la laurea, si ritrova per caso a fare un concorso per diventare operatore di sportello in banca. Questo è La mirabolante storia di un impiegato di banca (Cultora), il nuovo ebook di Alberto Fezzi: 49 pagine di umorismo, ironia e sacrosanta verità, che sfogliandole ti fanno ridere e pensare “sì è vero! è proprio così!”.
A poche settimane dall’uscita dell’ebook, abbiamo ripercorso insieme all’autore le tappe che l’hanno condotto fino alla pubblicazione di quasi dieci libri, un’avventura letteraria iniziata nel 2004.
Iniziamo con una domanda facile facile, per rompere il ghiaccio: chi è Alberto Fezzi?
Magari saperlo! Sono una persona inquieta, che deve fare molte cose.
Lei fa l’avvocato, ma sul suo blog si legge che è anche rocker, attore e, ovviamente, scrittore. Come concilia queste passioni con il suo lavoro?
Rocker e attore tanto tempo fa, per gioco. Le concilio per forza, perché mi stuferei a fare solo l’avvocato. Più che altro, dovrei chiedermi come faccio a conciliare il lavoro con queste passioni.
Ha iniziato la sua carriera di scrittore nel 2004 pubblicando Sognando un Negroni (Bonaccorso Editore). Com’è nato questo libro e come ha influito sulla sua scrittura futura?
Quel libro è nato dal fatto che a Verona, la mia città, si fanno un po’ sempre le stesse cose, sempre gli stessi riti. Ho voluto prenderli in giro, creando una specie di guida satirica, che poi è diventata un’analisi sociologica che parla di minchioni, me compreso. Quel libro ha avuto molto successo e mi ha dato la spinta per scrivere ancora: lo stile è sempre rimasto simile, solo un po’ più ragionato, con l’età.
Lei ha all’attivo otto pubblicazioni, tra cui l’ebook La mirabolante storia di un impiegato di banca (Cultora). Cosa l’ha spinta a raccontare di un ambiente asettico come una banca?
Perché è proprio negli ambienti ritenuti asettici che si nasconde quella follia che mi piace raccontare. Mi piace ribaltare i luoghi comuni e dissacrarli, prendere quello che si dà per scontato e intoccabile e riderci su, come ho fatto anche per gli avvocati ne Il principe del foro non esiste (Historica). In una città come Verona, poi, il mondo delle banche si fonde con quello di certe cricche di potere, altrettanto da prendere in giro.
C’è un motivo particolare per cui ha scelto di ambientare la vicenda nel 1995?
Perché questo è un racconto che non mi riguarda direttamente, non è un saggio, nasce da varie testimonianze che ho raccolto e quindi ho preferito ambientarlo in un periodo che non fosse riferibile a me, e fosse invece un periodo che potevo descrivere in termini di pura narrativa.
Chiunque abbia mai partecipato a un concorso pubblico può rispecchiarsi in almeno uno dei suoi aspiranti Operatori di Sportello. Torni indietro nel tempo, al momento del suo esame per diventare avvocato, in chi si rivede?
Direi che, su quel punto, il protagonista rispecchia anche il mio atteggiamento di fronte all’esame di avvocato: un incredulo stupore. A mio parere, quell’esame è la summa massima della follia e della mancanza di senso.
Il racconto parla di un ragazzo impaziente di seguire il sogno americano, sogno che abbandona senza opporsi troppo in favore di un impiego sicuro. Anche in relazione agli ultimi aggiornamenti riguardo all’Expo, crede che i giovani, oggi, siano così arrendevoli?
Ci sono tanti elementi che possono spingere una persona a cercare la stabilità. Ma credo che, rispetto a vent’anni fa, al periodo in cui è ambientato il libro, in sostanza l’impiego sicuro non esista proprio più. Lo stesso impiego in banca è diventato quasi un miraggio. Bisogna adeguarsi alla nuova realtà, e adeguarsi a quello che il mercato offre, e quello che si ottiene, tenerselo stretto. Senza comunque rinunciare mai ai propri sogni, per quanto possibile.
Durante un’intervista precedente in cui ci ha parlato di Faccine (Historica) ha dato questo consiglio ai lettori: “scrivete lettere, cantate canzoni sotto le finestre, dite le cose a quattr’occhi, sotto le stelle… ”. Devo chiederglielo: ha mai cantato una serenata?
In passato, sì. Con pessimi risultato però, è giusto dire.
Progetti futuri?
Un romanzo, il cui tema principale è: se un giorno tornassero da voi tutti i vostri grandi amori del passato, tutti insieme e in una settimana, cosa fareste?
Per concludere: ci lasci con una faccina!
Avrei voluto mettere anche la goccia di sudore grande come metà della fronte, ma non so come fare…
Federica Colantoni
Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.