ArT in PiLls: Il mare di ghiaccio dove naufraga la speranza
Il mare ha un fascino particolare, non so perché, ma fin da piccola ho una particolare simpatia per la distesa blu che s’infrange in onde spumose sul bagnasciuga. Il mare dimostra tutta la sua potenza e variabilità quando, da calmo, diventa grosso. Poi c’è il mare d’inverno, e in quelle zone del globo dove c’è anche il ghiaccio, l’acqua domina ovunque, liquida o solida che sia. Tante volte mi è capitato di fare questi pensieri guardando il mare e c’è un quadro che dal mio punto di vista le incarna tutte. Mi sto riferendo a Ilmare di ghiaccio (Il naufragio della Speranza), di Caspar David Friedrich. Il quadro è un olio su tela realizzato attorno al 1822, oggi conservato al Kunsthalle di Amburgo. Questo quadro mi ha sempre colpito per quella sensazione di freddo, di solitudine e di silenzio assordante che sembra uscire dalla tela e investire chi guarda. Nel dipinto si vedono pezzi di ghiaccio, dalle forme aguzze e taglienti e la loro superficie, riflettendo la luce e i colori circostanti, fa assomigliare questi spuntoni a delle pietre. Lo sguardo degli spettatori è direzionato alla parte centrale della tela, dove la massa ghiacciata si accatasta e ammucchia in modo ordinato e preciso, diretto verso l’altro. Nel fondale, in lontananza, si scorgono altri enormi cumuli di ghiaccio, sembrano delle vere e proprie montagne, fatti da lastre spesse che si sovrappongono, le une alla altre, in un moto che le spinge ad assumere una struttura piramidale, proiettate verso il cielo. A destra della tela c’è un corpo scuro, sono i resti di una nave naufragata e rovesciata su se stessa, che segue lo stesso moto (dal basso a destra, verso l’alto a sinistra) del gelido materiale naturale.
Il modo in cui Friedrich definisce ogni singolo pezzo di acqua solidificata è molto accurato, si nota una particolare attenzione per il disegno che definisce bene ogni blocco, ed è questa precisione che porta i lastroni dipinti a comunicare una sensazione di corpo tagliente.
Le tonalità cromatiche, stese in modo omogeneo e compatto , definiscono il paesaggio con ordine, tanto è vero che per noi osservatori è facile distinguere l’ammasso di ghiaccio, dalla pietra e dal mare. I colori prevalenti sono prevalenti sono i bianchi, gli azzurri, i grigi che assumono diverse tonalità, in base alla luce fredda che li bacia.
Il quadro venne realizzato da Friedrich su richiesta di un collezionista d’arte che voleva avere un’opera rappresentante le bellezze naturali del mondo nordico e, un’altra tela, con la natura e i colori del Sud. L’intera atmosfera del quadro è molto cupa e questa inquietudine della superficie pittorica sembra dirigersi proprio verso chi osserva, come a comunicargli che la Natura è madre, ma anche, sempre pronta a ribellarsi e a dimostrare tutta la sua potenza distruttiva. Forse fu questa cupezza che non diede soddisfazione al committente, tanto è vero che la tela rimase invenduta fin dopo la morte del pittore.
Il dipinto non ospita solo il ghiaccio e gli elementi naturali ma, come vi ho accennato sopra, sono presenti i resti di una nave distrutta. Questo fa pensare a come volte le aspirazioni umane finiscano male, perché oltre alla fredda natura nordica, il pittore rappresenta il tema del viaggio. Viaggio da intendere come il pellegrinaggio compiuto dall’uomo nelle parti meno conosciute ed esplorate del globo terrestre. Un viaggio in terre, all’estremo Nord, dove dominano la solitudine, la desolazione e dove il tempo sembra essersi fermato per sempre.
A livello simbolico questa eternità che non porta cambiamenti è vista da alcuni studiosi come un netto riferimento all’eternità di Dio. Dal mio punto di vista, ogni volta che guardo questo dipinto ho la sensazione che davanti alla Natura, al suo regolare in modo costante e, a volte imprevedibile, l’andamento esistenziale e il mutamento dei moti stagionali, il genere umano sia piccolo piccolo, impotente e messo a confronto con una realtà che prima o poi si ribella alle costrizione imposte dal genere umano, rappresentato qui dalla nave naufragata.
Il mare di ghiaccio ha come sottotitolo Il naufragio della speranza. Esso farebbe riferimento alla nave La speranza, naufragata durante una spedizione al Polo Nord. In realtà, il dipinto sarebbe, allo stesso tempo, la rappresentazione del fallimento (naufragio) di alcune delle speranze espansionistiche della Germania stessa.
Curiosità. Il dipinto ha due titoli perché esisteva un altro quadro di Friedrich, simile a questo e andato perduto. Questa versione del Mare di ghiaccio venne presentata dall’artista nel 1824, all’accademia di Praga con il tiolo Una scena idealizzata del mare Artico, con una nave naufragata su una massa di ghiaccio, poi quando il quadro verrà venduto, esso assumerà diverse denominazioni (Immagine di ghiaccio. La catastrofe della spedizione al Polo Nord), fino a quella definitiva che ci permette di identificarlo oggi.
Caspar David Friedrich, nato il 5 settembre del 1774 a Greifswald, fu uno dei maggiori esponenti del Romanticismo pittorico. I temi da lui prescelti erano rappresentazioni paesaggistiche caricate di valore simbolico. Per realizzare le sue opere, Fr. osservava con cura e attenzione i diversi paesaggi naturali presenti in Germania, ponendo molto attenzione agli effetti di luce e alle emozioni che essi potevano scatenare nell’animo umano. Per Fr. il paesaggio naturale è un’opera divina, nella quel si manifesta la potenza di Dio. In particolar modo, i momenti della giornata dove questi effetti si manifesterebbero sono le albe, i tramonti e le tempeste. Friedrich morì a Dresda nel maggio de 1840.