Altro che Berlusconi, gli Agnelli ora controllano 20 giornali ma nessuno si lamenta
I rumors che da qualche giorno circolano negli ambienti editoriali italiani sono diventati una certezza: il Gruppo L’Espresso e Itedi hanno siglato un accordo che porterà alla creazione di un editore unico tra Repubblica, la Stampa e il Secolo XIX.
La notizia è un evento storico per l’editoria italiana poiché sancisce la nascita del più grande gruppo italiano di informazione cartacea e digitale. Oltre alla due principali testate, la Repubblica e la Stampa, l’accordo prevede l’accorpamento sotto un unico editore dei rispettivi gruppi editoriali che comprendono decine di testate.
Se nell’estate del 2014 il Secolo XIX, quotidiano leader in Liguria di proprietà della famiglia Perrone, era passato di fatto nelle mani degli Agnelli con la costituzione di Itedi (partecipata al 77% da FCA e al 23 dai Perrone), il nuovo accordo prevede la costituzione di una società in cui la maggioranza sarà detenuta da De Benedetti con circa il 40%, il 16% a FCA e il 5% ai Perrone.
Un accordo che riguarda anche il settimanale L’Espresso e i quotidiani locali di proprietà di De Benedetti, un gruppo – si legge sul sito dell’editore – da “17 quotidiani locali e 1 trisettimanale, diffusi prevalentemente nel Nord e nel Centro Italia con 341,6 mila copie medie al giorno”.
Senza contare i rispettivi siti internet, le concessionarie pubblicitarie, i periodici, le radio (radio Deejay, m2o, radio Capital)… in parole povere un vero e proprio impero editoriale.
L’accordo è destinato però a incidere profondamente in tutta la filiera poiché ad oggi la famiglia Agnelli detiene una partecipazione del 16,7% in RCS mediagroup editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport che è intenzionata a dismettere.
Senza analizzare le cause che hanno portato la famiglia Agnelli a compiere questa scelta – a lungo si era parlato di un’ipotesi di fusione tra La Stampa e il Corriere della Sera – già sviscerate in vari articoli sia su carta che online, mi limito a commentare perché questo accordo non è una buona notizia per il giornalismo italiano.
A poche settimane dalla fusione tra Mondadori e Rizzoli che ha sconvolto l’editoria libraia con conseguenze che vedremo nei prossimi mesi, l’unione tra il Gruppo Espresso e Itedi va nella stessa direzione nel settore dei quotidiani.
Ottimizzazione dei costi, accorpamento delle strutture, riduzione degli organici ma soprattutto diminuzione dell’indipendenza dei giornali che, nonostante le rassicurazioni delle parti in causa, sono accorpati sotto un’unica grande proprietà e quindi più facilmente controllabili. Rischia così di rimetterci il lettore che per informarsi sulle principali testate del paese deve leggere quotidiani di proprietà di pochi grandi imprenditori che si contendono l’informazione.
Il tutto con un cortocircuito tutto italiano: non esistono – se si eccettua Urbano Cairo che però detiene una piccola quota in RCS – editori puri di giornali in Italia. L’informazione è in mano a imprenditori che provengono da tutt’altri settori e che utilizzano i giornali come strumenti per altri fini (nemmeno troppo celati).
Per questo la scomparsa di un giornale non può che essere accolta come una cattiva notizia, ma anche una fusione che accorpa sotto un’unica proprietà due dei principali giornali del paese non è una buona novella per il pluralismo dell’informazione.