Umberto Eco detestava Il nome della Rosa?
Come tantissime altre persone e tantissimi altri lettori, quando questa mattina siamo venuti a sapere della scomparsa di Umberto Eco abbiamo stentato a crederci: si tratta di quelle notizie capaci di disorientare sino a far perdere l’equilibrio. Ogni volta che se ne va una bandiera, e in questo caso una bandiera che ci ha accompagnato per tutta la nostra esistenza, ne guadagnano soltanto l’incertezza, accompagnata dalla certezza di aver perduto l’ennesimo elemento di spicco della nostra cultura. Rimarrà però il suo lascito, il suo patrimonio culturale, in breve la visione del mondo espressa da questo protagonista del secolo XX e della prima parte di quello attuale.
Nel dare la notizia, molti tra i maggiori media di tutto il mondo hanno comprensibilmente ricordato lo scrittore e studioso piemontese legandone il nome al suo romanzo più noto e venduto, da cui in seguito il regista francese Jean-Jacques Annaud avrebbe tratto l’omonimo film, girato assieme (tra gli altri) a Sean Connery e Christian Slater, che interpretarono il ruolo, rispettivamente, di Guglielmo da Baskerville e del giovane Adso da Melk: ci riferiamo naturalmente al fortunatissimo Nome della rosa, che lo stesso Eco era giunto persino a detestare, o perlomeno ciò è quanto egli affermò nel maggio 2011 a Torino durante la XXIV edizione del Salone del libro:
“Non aspettatevi, malgrado le colonnine messe fuori ch’io vi parli dopo del Nome della Rosa perché io odio questo libro e spero che anche voi lo odiate. Di romanzi ne ho scritti sei, gli ultimi cinque sono naturalmente migliori ma per la legge di Gresham quello che rimane più famoso è sempre il primo”.
Ad ogni modo noi desideriamo ricordarlo con un’altra frase da lui stesso pronunciata in altra occasione:
“Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.
Marco Testa
Nato nel 1983 e cresciuto nell’isola di Sant’Antioco, ha portato avanti gli studi classici e storici parallelamente a quelli musicali. Autore di saggi e numerosi articoli, è stato relatore in diverse fiere del libro in Italia. Redattore di “Cultora” e del “Corriere Musicale”, è collaboratore dell’Archivio di Stato di Torino. Adora (quasi) tutto ciò che è Musica, il mare, l’horror, la letteratura di viaggio, gli antichi borghi, il buon cibo e molto altro. Vive a Torino dal 2008.