The Interview: dalla mediocrità parte il futuro
Quando finalmente si è davanti a The Interview, ci si chiede se ne valeva la pena. Dopo Sony Leaks, le aspettative erano altissime. Sony Leaks, infatti, ha giocato un ruolo psicologico da non sottovalutare: se un dittatore non vuole che tu veda un film, è il motivo per cui lo vedrai. Molti si sono così trovati davanti allo schermo solo per capire il motivo di tanto rumore.
Due amici, rispettivamente conduttore e produttore di un talk show trash, Dave Skylark (lett. “allodola”, nel doppio uso americano di buffone e omosessuale) interpretato da James Franco e Aaron Rapaport interpretato da Seth Rogen, scoprono di avere tra i loro fan il temuto dittatore nord coreano Kim Jong-un. Attraverso un’intervista, incredibilmente concessa, i due vedono la possibilità di una legittimazione come giornalisti. La CIA, invece, di avvicinare e assassinare Kim Jong-un con un potente veleno epidermico. Una stretta di mano per uccidere.
Un dittatore reale e in vita, rendeva il soggetto audace e interessante. Invece The Interview scade nella mediocrità. Battute a sfondo sessuale già viste in altre pellicole con la coppia Franco-Rogen, come Facciamola finita, e un abusato alone di omosessualità. Oltre tutto questo, poco rimane. La performance di Franco è fastidiosamente caricaturale mentre Rogen è semplicemente Rogen, come in ogni suo film.
Il ritratto del dittatore è forse l’idea migliore: fragile e crudele come un bambino, disposto a far del male e mentire solo per uscire dall’ombra del padre. Capace all’inizio, con ostentata sensibilità ai limiti dell’effeminato (ascolta Katy Perry e beve margaritas) e amari ricordi, di conquistare Dave, allusione alla vicenda dell’ex star dell’Nba Dennis Rodman.
Il grande difetto del film resta comunque una forma di America-centrismo, manca di una vera satira capace di autoironia. Le falle del sistema americano per bocca di un dittatore risultano deboli, mentre per tutta la pellicola pervade la sensazione che l’America sia il fulcro del mondo, odiata ma in fondo amata.
Un film patriottico, quindi. Non un successo, però: gli incassi al botteghino, seppur proiettato in poche sale, non arriva ai 3 milioni di dollari, e nella lista preliminare dei Razzie Awards ha ben 4 nomination. La Sony reclama comunque il successo online con 15 milioni incassati attraverso le principali piattaforme. The Interview, infatti, è il primo blockbuster distribuito in day and date, la release in contemporanea nelle sale e on demand. Da qui è nato un dibattito nell’industria cinematografica. C’è chi sostiene, soprattutto piccole case indipendenti, che sia il futuro della distribuzione. C’è invece chi fa notare che in totale non si è incassata nemmeno la metà del budget, 44 milioni, e che la rete è meno controllabile: il noleggio costa metà biglietto ed è visto da molte persone, inoltre i siti pirata dispongono da subito di ottime copie. The Interview resta un caso mediatico malgrado se stesso.
Valeria Giuffrida
Valeria Giuffrida, nata a Catania. Ha studiato Lingue e Comunicazione. Blogger, appassionata di narrazione e mescolanza tra linguaggi comunicativi, ha frequentato diversi corsi nel settore del teatro, del cinema, della radio, della scrittura creativa. Ha collaborato per due anni con Step1 magazine, occupandosi di cultura, cronaca, interviste, video inchieste. Insieme ad un gruppo di studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, ha fondato Smanews, progetto radiovisivo di informazione e satira.