Predestination: i viaggi nel tempo di un numero primo

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Nella fantascienza c’è sempre quell’atteggiamento del “già visto, già esplorato”. In fondo, Predestination è solo l’ennesima storia di paradossi temporali. Ma è davvero così?

In realtà il film, tratto da un racconto breve di Robert A. Heinlein del 1959, All you zombies (tradotto in Italia con Tutti i miei fantasmi), è diviso in due generi, dramma nella prima parte, classico sci-fi nella seconda, ma che insieme formano un thriller psicologico che usa gli espedienti del paradosso del nonno e della profezia che si auto-avvera a servizio di un’intensa indagine sul concetto di identità.

Diretta dai fratelli Michael e Peter Spierig, la pellicola è molto fedele all’opera originaria, salvo alcune essenziali aggiunte, e prende forma nella tipica situazione narrativa: barista e cliente in un locale semivuoto. Fuori, una città ferita da attacchi terroristici. Ma il barista in questo caso è un Agente Temporale che ha viaggiato dal futuro per reclutare John, uno scrittore per una rivista trash. Una scommessa, la più incredibile delle storie in cambio di una bottiglia di liquore, dà modo a John di raccontare la sua vita, a partire da quando era Jane. Cresciuta in orfanotrofio e con grandissime capacità nel campo scientifico, sarà scelta per andare nello spazio. Costretta ad abbandonare, costretta a cambiare sesso, soffrirà tutta la vita la solitudine di chi è speciale.

Si arriva così a metà film chiedendosi dove sia la fantascienza ma comunque soddisfatti dalla bellissima fotografia retrofuturista e dall’umanità del racconto. Quando i due passano nel retro del bar, l’atmosfera noir prende il sopravvento e iniziano i salti temporali: John ha la possibilità di tornare indietro e uccidere l’uomo che gli ha rovinato la vita, per scoprire poi che il destino è più forte del libero arbitrio. I pezzi vanno ad incastrarsi in un finale forse prevedibile ma che, a ben pensarci, è l’inevitabile conseguenza del “Serpente che si morde la coda”.

Predestination però è spettacolo puro, ben girato e recitato. Ethan Hawke, che ha già lavorato con i fratelli Spierig in Daybreakers, interpreta l’Agente Temporale e si dice entusiasta del progetto: “Una delle cose che amo di più” ha detto, “è che vedi gli anni Settanta non come erano ma come Heinlein li ha immaginati negli anni Cinquanta”. Accanto a lui troviamo Noah Taylor e soprattutto la giovane Sarah Snook, bravissima e poco conosciuta attrice che vedremo presto in Jobs. La sua interpretazione è il traino di tutto. “È un film sullo scoprire il proprio scopo” ha dichiarato Peter Spierig, “volevamoprendere un genere così usato e provare a fare qualcosa di unico”. Unico come il personaggio di Jane/John e la sua sorte che lascia l’amaro in bocca, un profondo senso di solitudine e una certa claustrofobia che cresce insieme al ritmo e alla sua consapevolezza: se all’inizio i tempi sono dilatati, mentre il puzzle si compone il ritmo accelera come una caduta, sempre più veloce verso l’inesorabile schianto.

Valeria Giuffrida

Valeria Giuffrida, nata a Catania. Ha studiato Lingue e Comunicazione. Blogger, appassionata di narrazione e mescolanza tra linguaggi comunicativi, ha frequentato diversi corsi nel settore del teatro, del cinema, della radio, della scrittura creativa. Ha collaborato per due anni con Step1 magazine, occupandosi di cultura, cronaca, interviste, video inchieste. Insieme ad un gruppo di studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, ha fondato Smanews, progetto radiovisivo di informazione e satira.