Perché continuano a esistere le riviste letterarie

riviste letterarie

Pare che le riviste letterarie non abbiano più motivo di esistere: non ci sono più le correnti letterarie di cui un tempo si facevano portavoce e soprattutto mancano i lettori, insomma il periodico culturale non paga. Al massimo si legge online o se ne prende una copia in libreria, se è gratuita, ovviamente. Ma allora perché mai ce ne sono così tante? Circa un centinaio, tenendo conto soltanto di quelle che escono regolarmente e lasciando fuori quelle che compaiono esclusivamente online.

Perché una persona dovrebbe impegnarsi in un’impresa come quella di creare una rivista letteraria sapendo fin dal principio che ciò non gli porterà entrate di denaro e, anzi, gli toglierà il tempo da dedicare alla sua occupazione principale, quella per cui è pagato; gli toglierà i weekend da passare con il cane e i figli e soprattutto gli toglierà gli amici: quelli che avrà reclutato come collaboratori, poeti, scrittori e illustratori non retribuiti?

Perché una rivista letteraria è bella, di solito ha un nome affascinante e un’illustrazione di copertina che vi farà venire voglia, se non di acquistarla, almeno di dargli un’occhiata. E poi in quelle pagine c’è dentro il sogno, ci sono le poesie, i racconti, i disegni e un tempo c’erano anche i romanzi a puntate, come quelli che hanno permesso all’umanità di conoscere Dostoevskij con Delitto e castigo, Jack London con Martin Eden, i primi racconti di Edgar Allan Poe usciti sul Philadelphia Saturday Courier e quelli di Dino Buzzati. Una rivista letteraria serve agli esordienti per farsi conoscere, agli autori affermati per trovare nuovi lettori. Diffonde la cultura. Un aspetto importante è quello del rapporto con il pubblico, se è vero che si legge sempre di più online è anche vero che sul web si legge in modo diverso e alcuni tipi di scritti si preferiscono ancora nel formato cartaceo. Per questo motivo le riviste letterarie che hanno fatto una scelta vincente sono quelle che prevedono la coesistenza di entrambe le forme, in cui quella online non è usata per riproporre in maniera identica i testi dalla pagina allo schermo, ma ha contenuti diversi e la possibilità per il lettore di interagire.

Il concetto è perfettamente espresso dalle parole del poeta Lello Voce in un articolo di qualche tempo fa: “Sono state date per morte mille e mille volte le riviste di letteratura e di poesia. […] Sempre più spesso è accaduto da quando si è pensato che potessero essere sostituite dai blog letterari, anche se la faccenda non sta in piedi e, infatti, è cascata da sé. […] La rivista è integralmente un libro, fatto di scrittura lineare, divisa nelle unità finite delle pagine, mentre il blog è fatto di scrittura tabulare, più simile a un rotolo di papiro che a un libro. Si leggono entrambi, ma si tratta di letture totalmente diverse. Detto questo, ogni volta che le prefiche di turno danno la stura ai loro pianti rituali a me viene malinconia, perché le riviste, questo prodotto così assolutamente Moderno, finché sono vissute (e sin che vivranno, magari sotto forme mutagene e mutanti), sono state l’insegna di una letteratura viva, fatta di polemiche, tendenze, dialogo, conflitto, nostalgia del futuro. […] Ma poi le riviste, sia pure stentatamente dal punto di vista commerciale, hanno continuato a vivere e il presente ci dice che la soluzione non era nella scelta tra carta e digitale, quanto piuttosto nella capacità di unirle, metterle in relazione, in sinergia”.

Redazione

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