Mario Vattani torna in libreria con “Al Tayar – La corrente”
Mario Vattani è nato a Parigi nel 1966. Dopo gli studi in Inghilterra, all’età di ventitré anni è entrato in carriera diplomatica. Ha lavorato negli Stati Uniti, in Giappone e in Egitto. Appassionato di arti e culture orientali, parla correntemente il giapponese. Nel 2016 ha pubblicato con Mondadori il romanzo “Doromizu. Acqua torbida”. Il 21 maggio è uscito il suo nuovo romanzo “Al Tayar” pubblicato da Mondadori.
1) Il titolo del romanzo è “Al Tayar”, che in arabo significa “la corrente”. Come mai ha scelto proprio questo titolo?
La corrente risponde a varie immagini, che però richiamano soprattutto dallo scorrere del Nilo, perché il romanzo si svolge prevalentemente al Cairo. Ma la corrente è una forza che trascina la volontà e in “Al Tayar” ricorre sempre il tema della scelta obbligata, il lasciarsi andare a ciò che ci circonda. In “Al Tayar” il lettore si ritrova in un contesto molto ampio, quasi luminoso, eppure abbiamo l’impressione, seguendo le vicende del protagonista, che ogni decisione segua un percorso inesorabile, severo e a volte brutale.
2) Com’è nata l’idea di questo romanzo?
Ho lavorato in Egitto dal 1998 al 2001, avevo una trentina d’anni ed ero console al Cairo. È stata un’esperienza molto intensa, che mi ha davvero trasformato. Il lavoro di console ti porta a contatto con le persone, a volte con le loro difficoltà e i loro fallimenti. Ho voluto rivivere quell’esperienza, ma attraverso gli occhi di un personaggio molto diverso da me.
3) Rispetto al suo primo romanzo, ambientato in Giappone, “Al Tayar” è ambientato in Egitto. Parliamo di due culture completamente diverse, quindi cosa l’ha spinto ad ambientare questa storia proprio in Egitto?
L’Egitto è un luogo di sapori, colori, immagini contrastanti, vi convivono la bellezza e l’orrido, mescolandosi in un’essenza che trovo affascinante. Il tempo si alterna tra il passato e la contemporaneità, ma basta percorrere una strada nel delta e ci si trova nell’antichità. L’ambientazione egiziana è perfetta, perché su uno sfondo del genere potrebbe succedere di tutto.
4) È stato molto difficile scrivere due storie su due culture così diverse come quella nipponica e quella egiziana?
La magia dell’Egitto è diversa da quella del Giappone, ma anche lungo il Nilo si ha l’impressione di attraversare il tessuto del tempo, come in Giappone avviene con le pareti scorrevoli. Vi è sullo sfondo di questo racconto qualcosa di antico e di incomprensibile, perché ha origine nei millenni e nella sedimentazione di tante storie diverse.
5) Che cos’è che ha amato dell’Egitto e che possiamo ritrovare nel romanzo?
L’Egitto di Al Tayar ha il profumo di un frutto al massimo grado di maturazione, quasi sul punto di disfarsi. Vi è in quell’Egitto qualcosa di splendidamente tragico, che viene voglia di raccontare.
6) Il protagonista, Alessandro Merisi, viene descritto come una persona costretta ad andare al Cairo per colpa di un debito. Nonostante non abbia alcuna scelta, riesce ad intravede l’occasione per conquistarsi una seconda vita proprio lì in Egitto. Come riesce a rapportarsi il protagonista con la cultura egiziana?
Ho voluto costruire il racconto attorno a una vicenda criminale, ma un aspetto importante è proprio lo sguardo di Alex sul Cairo e sulla cultura araba, sul mondo che ha intorno. Ho voluto rendere questo sguardo molto limpido, attraverso una descrizione vivida, fortemente emozionale. Per Alex, trovarsi a una tale distanza dalla cultura occidentale, immerso invece nella severità dolciastra di quella araba, fa sì che in Egitto lui riesca a trovarsi finalmente libero con se stesso.
7) Al Tayar è essere descritto come un “percorso iniziatico attraverso eros e tanathos” in cui è sempre presente la ricerca di conoscenza, di un’ispirazione e di una scelta. Può spiegarci meglio questa considerazione.
La libertà che viviamo insieme ad Alex è una libertà quasi irresponsabile, che è anche frutto del non comprendere la lingua. È un tentativo di “diserzione”, dove la morte e la sofferenza sono è sempre presenti, è l’eterno passare dall’altra parte, in un vortice di luce e ombra che alterna dolcezza e indifferenza, orgoglio e vergogna.
8) Sulla copertina possiamo vedere in primo piano una donna egiziana. Come mai è stato scelto questo tipo di copertina?
L’immagine di copertina è stata realizzata con una bellissima fotografia dell’artista egiziano Youssef Nabil. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo e fanno parte di prestigiose collezioni Internazionali. Youssef Nabil ha una tecnica caratteristica, quella di colorare a mano le stampe fotografiche alla gelatina d’argento. Così elimina i difetti della realtà e crea delle immagini che sembrano senza tempo.
9) Perché un lettore dovrebbe scegliere il suo libro?
Se funziona l’incantesimo della scrittura, allora Al Tayar è un’avventura con cui il lettore può perdersi nella corrente, sentire la nostalgia di un mondo che ha vissuto attraverso le pagine, come se fosse parte della sua memoria personale, come se avesse visto e abitato in quella metropoli, percorso il deserto, conosciuto quelle persone.
10) Ha qualche idea per un nuovo romanzo?
Scrivere è un esercizio che mi appassiona. Il romanzo permette uno stile più immediato, cinematografico. Non so ancora dove potrebbe portarmi un’altra avventura, ma ho già qualche idea. Ciò che mi manca è il tempo.