L’incompiuta di Orson Welles: da Hemingway al crowdfunding
Immaginate quelle amicizie vecchio stampo che iniziano con una scazzottata. Immaginate che i protagonisti siano Orson Welles e Ernest Hemingway, e che da quell’incontro nasca un film che sembra maledetto e non sarà mai terminato.
The Other Side of the Wind è la pellicola a cui il regista lavorò fino alla morte. Nel centenario della nascita, il suo pupillo Peter Bogdanovich ha lanciato un appello di crowdfunding attraverso la piattaforma Indiegogo per raccogliere due milioni di dollari e portare finalmente l’opera nelle sale.
Come racconta Vanityfair, le radici del film partono dal 1937. Il ventiduenne Orson, allora doppiatore, è chiamato a fare da voce narrante in un documentario sulla Guerra Civile spagnola. La sceneggiatura è di Hemingway. La richiesta di modifiche da parte di Welles fa infuriare Hemingway che lo apostrofa “frocio”. Welles non si lascia intimorire da chi ha davanti e lo colpisce. I due iniziano a picchiarsi, per poi finire a terra a ridere. Una bottiglia di whisky sancisce la nuova amicizia.
Vent’anni dopo, Welles lavora ad una sceneggiatura su uno scrittore che vive in Spagna. Arresosi all’età e alla crisi creativa, è ossessionato da un giovane torero, simbolo della perduta giovinezza e di una nascosta omosessualità. Sullo sfondo, un coro greco di biografi e critici tracciano la sua vita.
Dopo il suicidio di Hemingway, il 2 luglio 1961, Welles cambia alcuni tratti della storia: dalla Spagna all’America, da scrittore a sadico filmmaker innamorato di un attore e deciso a finire la propria opera nonostante Hollywood. Tutto raccontato nell’arco di una giornata, il 2 luglio, settantesimo compleanno nonché ultimo giorno di vita del protagonista Jake Hannaford. A questo si fonde un secondo film, girato con varie tecniche e formati, che racconta Jake con scene di grande bellezza, poco senso, niente audio.
Welles, inoltre, fa una cosa che non ha precedenti: gira senza una sceneggiatura. “Dirò agli attori cos’è successo fino ad allora” dice al suo fidato cameraman Gary Graver, “Troveranno ciò che è vero e inevitabile”. L’intero film è nella sua testa ma assicura che non è autobiografico, sebbene riveli a John Huston, che interpreta Jake: “È un film su un regista bastardo. È su di noi, John, è su di noi”.
Nel cast anche Dennis Hopper, Susan Strasberg, Lilli Palmer e lo stesso Bogdanovich. Ma i ritmi frenetici dettati da Welles scoraggiano alcuni collaboratori, mentre i fedelissimi prendono il nome di Vistow (Volunteers in Service to Orson Welles). La troupe ricorda il regista come una sorta di Mago di Oz, che passa da grandi progetti ad attimi di sconforto quasi infantile. Presto sorgono anche problemi finanziari: mancanza di fondi e voci di un furto ai danni della produzione. Welles passa il resto della vita a battersi per portare a termine l’opera. Alla sua morte, nel 1985, molti si contendono il girato, tra cui la figlia Beatrice, l’ultima compagna Oja Kodar, Graver e un cognato dello scià di Persia, la cui società aveva partecipato alla produzione. I negativi restano in un magazzino di Parigi, ma Bogdanovich vuole tener fede alla promessa fatta a Orson di finire il film a qualunque costo. La scelta del crowdfunding è legata alla figura innovatrice e indipendente di Welles. Anche Beatrice trova l’idea interessante: “È così anti-establishment, in linea con chi era mio padre. Penso si sarebbe divertito”.
Valeria Giuffrida
Valeria Giuffrida, nata a Catania. Ha studiato Lingue e Comunicazione. Blogger, appassionata di narrazione e mescolanza tra linguaggi comunicativi, ha frequentato diversi corsi nel settore del teatro, del cinema, della radio, della scrittura creativa. Ha collaborato per due anni con Step1 magazine, occupandosi di cultura, cronaca, interviste, video inchieste. Insieme ad un gruppo di studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, ha fondato Smanews, progetto radiovisivo di informazione e satira.