L’arte dell’insulto letterario: quando gli scrittori si prendono a male parole

Come scritto in un altro articolo, non è una novità che la categoria degli scrittori sia composta da personalità altamente suscettibili, per non dire permalose, ed è dunque quasi “normale” che tra artisti si giunga a degli attriti, con conseguente scambio di attacchi verbali non molto celati. Direttamente a voce e in faccia, o per corrispondenza, o anche per recensione/stroncatura, magari per interposta persona, per esempio Montale contro il Nobel a Quasimodo, tramite Emilio Cecchi. Una volta si poteva arrivare al duello, magari per finire nel ridicolo, come accadde a Giuseppe Ungaretti e Massimo Bontempelli. Non mancano antologie di insolenze letterarie come Il piccolo libro degli insulti di Beppe Cottafavi, e sono in commercio anche repertori di epiteti per categorie: contro i politici, o gli sportivi, o gli insegnanti.

La pratica della stroncatura e dell’insulto sono diventate praticamente un genere letterario, qualcosa che trascende lo scontro diretto: lo stroncatore o l’insultante di solito non intende davvero offendere o fare del male al destinatario; più che altro vuole fare sfoggio di wit, come fin dal Seicento gli inglesi chiamano l’ironia sarcastica e pungente. Sublime il telegramma di George Bernard Shaw a Winston Churchill: “Le ho riservato due biglietti per la prima del mio Pigmalione. Porti un amico. Se ne ha uno”. Ipersublime, come sempre, la risposta di Churchill: “Non posso venire alla prima. Verrò alla seconda. Se ci sarà”.

Molti dei litigi più celebri nella storia della letteratura sono riportati da Giulio Passerini in Nemici di penna (Editrice Bibliografica). Stralunate le avversioni di taluni scrittori per qualche collega defunto: Mark Twain (1835-1910), per esempio, detestava Jane Austen (1775-1817) al punto da scrivere: “Tutte le volte che leggo Orgoglio e pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia”. Qualcosa di analogo avrebbe voluto fare Shaw addirittura contro Shakespeare: disseppellirlo e prenderlo a sassate. Il russo Eduard Limonov, oppositore di Putin, noto in Italia soprattutto perché Emmanuel Carrère ne ha scritto la biografia, arriva ad accusare Dostoevskij di aver disonorato la condivisa patria russa. Epici gli scambi di improperi fra Gabriel García Márquez e Mario Vargas Llosa, ma di mezzo, oltre alla letteratura, c’era anche la moglie di Vargas Llosa corteggiata da Márquez. Faulkner e Hemingway si detestavano cordialmente. Faulkner disse del collega: “Non ha coraggio, non si è mai arrampicato su un ramo sporgente. Non ha mai usato una parola che inducesse il lettore a cercarla sul vocabolario”.

Addirittura Umberto Eco è sceso dal piedistallo per prendersela con Ken Follett. Ebbe a dire il semiologo: “Oggi ho riscritto il capolavoro del Manzoni affinché la generazione più giovane non si annoi leggendo delle sciatterie nanesche come quelle di Ken Follett”. La risposta dello scrittore britannico non si è fatta attendere: “A Eco preferisco Dan Brown”. Celebre l’epiteto del futurista Filippo Tommaso Marinetti a Gabriele d’Annunzio: “Un cretino con lampi d’imbecillità”. Ma altri attribuiscono la battuta, quando non viene assegnata a Ennio Flaiano, a D’Annunzio contro Marinetti. Ci sono poi gli aforisti sarcastici di professione, come Truman Capote, Tom Wolfe, Gore Vidal: collezione troppo vasta per una selezione adeguata. Gertrude Stein ed Ezra Pound non andavano per nulla d’accordo per via del celebre incidente della sedia. Gertrude, negli anni ’20, accolse Pound nel suo mitico salotto parigino di rue de Fleurus, e gli offrì una delicata poltroncina che si schiantò sotto il peso dell’atletico Ezra. Disse Gertrude: “Tutto quello che avrebbe dovuto fare era entrare e sedersi per una mezz’oretta. Ma quando si alza la sedia è rotta, la lampada è rotta. Ez è a posto, ma non posso permettermi di averlo per casa”. Ez si vendicò anche parodiando la pronuncia di Gertrude: “Zi crede che Gertie Stein appia uno ztile pérche zcrive Yittish con parole inclesi”.

Lampi di personalità istrioniche mai ascrivibili a categorie precostituite, che non ammettono mezze misure, innamorati di se stessi al punto da arrivare allo scontro con altre figure dalla personalità incredibilmente pronunciata.

Fonte: Scrivendo Volo

Redazione

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