Il metodo Salvini secondo Del Vigo e Ferrara
di Federica Colantoni, in Interviste, Letteratura, del 10 Ott 2015, 11:00
Francesco Maria Del Vigo e Domenico Ferrara, giornalisti del Giornale, raccolgono fatti e opinioni in un’inchiesta sul politico più discusso di oggi. Il metodo Salvini (Sperling & Kupfer) si inserisce tra gli scaffali delle librerie italiane proponendo una versione completa del leader della Lega, dalla simbolica felpa al tradizionale raduno di Pontida, con uno stile incalzante e accurato.
Perché un libro su Matteo Salvini?
Salvini è l’unica vera novità di questa fase della politica italiana, sia dal punto di vista della comunicazione, sia da quello del metodo di fare politica. Renzi ha perso la sua carica rottamatrice e innovativa. Il ruolo istituzionale lo ha inevitabilmente opacizzato. E Berlusconi è stato messo forzatamente in panchina dai giudici.
Chi è il destinatario de Il metodo Salvini? E quale l’obiettivo del libro, se ve ne è uno?
Chiunque sia interessato ad approfondire un fenomeno che spesso viene licenziato dai grandi media con superficialità se non con spirito fazioso. Salvini è un attore di primo piano del grande spettacolo della politica, il nostro libro cerca di dare una sbirciata dietro le quinte della nuova Lega, di capirne limiti e punti di forza e per questo abbiamo interpellato autorevoli politologici, intellettuali e osservatori.
Nonostante gli argomenti siano Salvini e il suo modo di fare politica, il libro risulta non di partito, concentrandosi indistintamente su meriti e demeriti del leader. Siete dovuti scendere a molti compromessi, tra di voi e con altri, per raggiungere questo intento?
Siamo colleghi e amici. Abbiamo discusso fino a notte fonda, ragionato e litigato. Ma alla fine abbiamo sempre trovato un punto d’accordo e molto spesso, partendo da una critica o un da un suggerimento, abbiamo imboccato strade differenti dal previsto e spesso migliori.
Come fate notare nel libro, la Lega non è famosa per i suoi interessi culturali. In cosa differisce il nuovo leader da chi l’ha preceduto?
Salvini è la versione aggiornata e corretta di Bossi. Sono tantissimi i punti d’unione − dal linguaggio all’abbigliamento casual − ma sono altrettante le differenze. Salvini usa i media in modo più disinvolto e, da buon giornalista, ha una conoscenza precisa di tutte le piattaforme sulle quali ha deciso di sganciare le sue dichiarazioni-bomba. Potremmo dire, con un paradosso, che Salvini parla per “titoli di giornale”. La comunicazione di Bossi, efficacissima per il periodo, era probabilmente più spontanea.
Tra gli intellettuali da voi citati – ad esempio Gianfranco Miglio prima e Pietrangelo Buttafuoco poi – ritenete che ve ne sia uno più influente?
Secondo noi il nuovo Carroccio non ha un intellettuale di riferimento, ma preferisce utilizzare di volta in volta gli spunti e le idee degli intellettuali che − su quel determinato argomento − sono in linea con la Lega. Buttafuoco, raffinatissimo uomo di cultura che recentemente si è convertito all’Islam, ne è un esempio: su molti temi Salvini lo segue, ma su altri − specialmente quelli religiosi − ne prende le distanze.
Così definite la figura dell’intellettuale nella mentalità leghista: «un anacoreta con le natiche poggiate su una torre di Babele di libri, che osserva tutto con una punta di snobismo.» Alcuni nomi, anche non contemporanei, che, secondo voi, rientrano in questa definizione.
Beh in realtà l’intellettuale è più un animale da salotto che un anacoreta, ma di pensatori snob ne abbiamo fin sopra i capelli: da Michele Serra a Umberto Eco, da Baricco a Saviano. Solo per farci qualche nemico. La lista sarebbe lunga.
Chi invece la smentisce?
Massimo Cacciari, per citare il primo che ci viene in mente. Uno che già nei primi anni ottanta aveva aperto le finestre blindate del conformismo comunista e osava dialogare addirittura coi missini.
Salvini e Renzi in eterna competizione. Mesi fa il “celodurismo” politico si è misurato in numero di libri letti quando Salvini ha lanciato l’hashtag #leggopiùdirenzi. Il popolo del web si è scatenato. Mossa mediatica o diatriba reale?
Tutto è mediatico. Almeno quando si parla dei due Mattei. Ma allo stesso tempo è diatriba, perché il monopolio della cultura è un’altra delle ossessioni della sinistra col complesso di superiorità.
A proposito di libri, è recente la notizia dell’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori. Come cambierà, secondo voi, l’editoria italiana?
Crediamo che cambierà in meglio, se cambierà. Mondadori ha già dimostrato con Einaudi di essere un editore molto liberale, che valorizza le particolarità dei suoi vari marchi. Un gruppo così grande, anche a livello internazionale, non può che far bene alle varie case che vivono al suo interno. E non crediamo che ne possano risentire le piccole case editrici.
Come vedete il futuro del giornalismo?
Non siamo pessimisti come una buona parte della nostra categoria. Il futuro del giornalismo secondo noi, innanzitutto, c’è. Visto che molti ci considerano una categoria in via d’estinzione. Certo, sopravviveranno i giornalisti che sapranno cambiare, mutare e adeguarsi alle esigenze del lettore. Un lettore che, secondo noi, è sempre più vorace. Continua a leggere, ma lo fa su supporti diversi. Il web ucciderà il nostro mestiere? Vediamola da un altro punto di vista: ogni italiano ha in tasca uno smartphone, noi dobbiamo considerarlo come un’edicola. E in Italia non ci sono mai state 50milioni di edicole…
Federica Colantoni
Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.