Il giornalismo non è un’opinione (o forse sì?)
Il labile confine tra opinione e informazione è stato l’argomento della quarta giornata del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, durante un incontro dal titolo “Opinioni vs News”. Stephan Faris, giornalista freelance e co-fondatore della cooperativa di scrittori Deca, ha iniziato il suo intervento parlando di internet: “Ha cambiato in merce comune ciò che prima era un lavoro di prestigio” ha detto. “Reportage, inchieste e giornalismo vecchia scuola richiedono molto tempo e ricerche. Un’opinione richiede solo tastiera, capacità di scrivere, velocità”. Secondo Faris, questa facilità nel produrre contenuti ha creato un “rumore di fondo” che va separato dal giornalismo di opinione, necessario per raccontare diversi settori come i cambiamenti climatici o le guerre.
Margaret Sullivan, public editor al New York Times, ha dichiarato: “C’è abbastanza spazio per l’interpretazione e analisi, e in un certo senso anche per l’opinione”. Ma la cosa essenziale è la trasparenza: “È diventato sempre più importante dare ai lettori indizi su cosa stanno leggendo” ha detto. “Le notizie devono essere scritte con correttezza e imparzialità. Oggi tutti hanno un’opinione e una piattaforma per pubblicarla. I giornalisti che riportano una notizia senza includere il loro punto di vista sono di grande valore”.
Sull’oggettività dell’informazione, Matthew Ingram, giornalista di Gigaom e Fortune Magazine, la pensa diversamente: “C’è sempre qualcuno dietro alle nostre notizie. Ha scelto quella storia, parlato con delle persone e riportato alcune citazioni. Ci sarà sempre il suo punto di vista, dobbiamo essere più franchi su questo”. Jonathan Stein, direttore di Project Syndicate, sito di giornalismo di opinione, è d’accordo con Ingram su come non ci sia più una separazione netta, soprattutto per via della trasformazione del giornalista in personaggio pubblico, da seguire e contattare attraverso i social media.
Questi ultimi, in competizione con l’informazione tradizionale, ne hanno modificato i tempi: la “storia del giorno dopo” secondo Ingram, si è evoluta nella “storia dell’ora dopo”. Se internet è imbattibile sull’immediatezza, l’unico valore aggiunto di un articolo diventa un’opinione autorevole. Sul tempismo, Lucy Marcus, editorialista di Project Syndicate e CEO di Marcus Venture Consulting, ha detto: “Cerco sempre di scrivere in maniera evergreen. I pezzi vanno distribuiti nella nostra rete e tradotti. Potrebbero non essere letti anche per tre settimane, devono mantenere un valore”. La Marcus ha aggiunto che le notizie sono un “bene pubblico”, scatenando una discussione su come questa ottica possa far credere che sia legittimo non pagare per essere informati. L’incontro si è concluso sull’importanza di avviare un dialogo fra editori e giornalisti per capire quale strada prendere.
Valeria Giuffrida
Valeria Giuffrida, nata a Catania. Ha studiato Lingue e Comunicazione. Blogger, appassionata di narrazione e mescolanza tra linguaggi comunicativi, ha frequentato diversi corsi nel settore del teatro, del cinema, della radio, della scrittura creativa. Ha collaborato per due anni con Step1 magazine, occupandosi di cultura, cronaca, interviste, video inchieste. Insieme ad un gruppo di studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, ha fondato Smanews, progetto radiovisivo di informazione e satira.