Gianluca Barbera: “Per il mio Magellano mi ispiro a Salgari, Stevenson e Melville”
Gianluca Barbera lavora in ambito editoriale ed è autore del romanzo La truffa come una delle belle arti (2016, finalista Premio Neri Pozza, finalista Premio Chianti, finalista Premio Città di Como) e del saggio Idee viventi. Il pensiero filosofico in Italia oggi (2017). Collabora con le pagine culturali de il Giornale e con la rivista online Pangea.
- Da cosa deriva la scelta di scrivere un romanzo proprio su Magellano e la sua impresa?
Volevo raccontare l’epica delle grandi esplorazioni che hanno caratterizzato la storia europea dal medioevo in poi. L’idea iniziale era quella di creare un personaggio immaginario che racchiudesse in sé i caratteri dei vari Marco Polo, Colombo, Vespucci, Carletti. Ma appena mi sono imbattuto nella storia di Magellano mi sono detto: questa è la mia storia. Inoltre volevo scrivere un romanzo sul tradimento e sul senso di colpa che ne consegue.
- Perché la scelta di far raccontare le gesta di Magellano tramite le parole de Del Cano, che potremmo definire un antieroe nella vicenda dello scopritore?
Per ragioni drammaturgiche. Di Del Cano nel resoconto di Pigafetta – fonte principale per chi studia questa vicenda – non vi è traccia. Ma da altri documenti sappiamo che al ritorno, dopo tre anni di navigazione intorno al globo, tutti i meriti della spedizione andarono a lui, non senza che egli ci mettesse lo zampino. Magellano era morto e non poteva difendersi. Su questa idea di tradimento ho costruito il romanzo.
- Se dovesse definire un punto di forza del suo romanzo cosa indicherebbe?
Ne indicherei tre. Affabulazione, ironia, lingua.
- C’è qualche legame tra questo romanzo e la sua produzione precedente? Se sì, quali?
L’elemento della truffa è il primo. Del Cano è un opportunista e un truffatore. Come i protagonisti del mio precedente romanzo La truffa come una delle belle arti. Il gusto per l’affabulazione, per il meraviglioso, per il prodigioso. Lo sguardo ironico sulle cose. Ma qui si aggiungono la componente drammatica e quella epica.
- Questo romanzo ricorda un po’ i grandi libri di Salgari, Stevenson, Melville, Verne. Quale di questi autori sente più vicino?
Stevenson. L’isola del tesoro, romanzo perfetto. Poi le prime pagine di Moby Dick di Melville. E Cuore di tenebra di Conrad. Se volessimo spingerci nella direzione di modelli cinematografici, direi Kubrick. Ma mi capita spesso di guardare anche al fumetto: in questo caso, Corto Maltese.
- Nel suo romanzo i termini marinareschi risultano sempre espressivi e appropriati. Come si costruisce la conoscenza approfondita di un gergo così specializzato e distante? Quali sono state le sue fonti?
La si costruisce o affina leggendo libri, visionando video e simulazioni sul web, parlando con esperti. E andando per mare.
Raffaella Anna Indaco
Redazione
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