Cronache di una teacher non nativa
di Francesca Mazzucato, in Letteratura, del 29 Ago 2019, 16:03
Le lingue, in particolare l’inglese e il francese, sono state e sono la mia passione, una vocazione e un costante motivo di stupore e magia: non smettono di sorprendermi certe assonanze, alcune etimologie che scopro quasi per caso, i nuovi modi di dire. Le lingue sono finestre su altri mondi, sono prospettive, musiche diverse alle quali abituarsi e di cui innamorarsi. Ho avuto da sempre la certezza di poter comunicare come volevo in qualsiasi città, di non essere mai riconosciuta come italiana e di essere addirittura scambiata per francese del sud a Parigi più di una volta. Inoltre so che le mie competenze specifiche, hanno un “luogo”, un ambito preciso in cui essere realmente valorizzate.
Ho sempre avuto la vocazione di quello che un tempo veniva chiamato “precettore”, quindi di chi si occupava privatamente dell’educazione di bambini, ragazzi (in seguito anche adulti)
Quando fu pubblicato il mio primo romanzo, seguivo da tempo due ragazzini molto brillanti, fratello e sorella. Mi recavo io presso il loro domicilio, in una elegante via sulle colline bolognesi, li seguivo per inglese, poi per italiano e storia e pian pian per tutto il resto, fermandomi solo davanti ai compiti di matematica. Inventavo, già allora, maniere creative perché la loro incredibile passione trovasse il giusto spazio e perché i loro punti di forza venissero valorizzati. Li vedevo sorridere insieme a me quando trovavo la chiave per memorizzare i paradigmi dei verbi irregolari attraverso carte colorate, o giochi, o piccole gare. Facevamo una sosta per il te, il tempo in quei pomeriggi scorreva leggero e quando tornavo a casa sentivo di avere fatto qualcosa di semplice e bello. Intanto, avevo raccontato alla madre dei ragazzi che il mio romanzo era stato pubblicato, e cominciarono a chiamarmi per presentarlo in varie parti d’Italia, dovevo presenziare ad eventi, esserci. Fu uno di quei momenti sliding doors, ero molto soddisfatta anche dell’uscita del libro, non sapevo che decisione prendere e man mano coi ragazzi mi trovai a dover disdire, spostare e ancora disdire. Se c’è una cosa fondamentale per accompagnare l’apprendimento è la continuità, la dedizione a quella sintonia speciale che si crea e che fa sentire lo studente in uno “spazio sacro”. Non potevo continuare così’, di questo ero perfettamente consapevole.
Sono sempre stata consapevole degli aspetti didattici fondamentali, di quello che serve per insegnare bene e di cosa si deve fare. Dissi che dovevo smettere, anche se mi dispiaceva molto, la madre non voleva farsene una ragione, mi promise di raddoppiare quello che chiedevo all’ora, o magari di triplicarlo. Non riuscivo, non c’erano, allora, i mezzi per poter concedersi una certa ubiquità, Mezzi che adesso ci sono
Negli anni ho tenuto seminari di persona, ho tradotto molto dall’inglese e dal francese e ho continuato a dare lezioni private tutte le volte che ho potuto nei periodo stanziali, nelle città dove ho abitato. Sette anni fa, la svolta, ho cominciato a insegnare online, e credo di essere stata una vera pioniera in Italia, sicuramente una delle prime.
Non fu una mia idea. Mi contattò un uomo che aveva finalmente trovato lavoro come portiere d’albergo a Montecarlo, conosceva già il francese ma era necessario per mantenere il lavoro anche sapere l’inglese, mi disse però: facciamolo via Skype, non ho tempo, ho turni tremendi. Io rimasi stupita, non avevo MAI usato Skype, non avevo neanche l’account. Come si fa? Gli chiesi. Non è complicato, e per me è l’unico modo, per favore, provaci.
La presi come una sfida, era il 2012 e ricordo le difficoltà di connessione, le domande che mi ponevo su come sarei riuscita a organizzare un piano didattico efficace. Non era facile, ero abituata a scegliere con attenzione i libri, mostrare una pagina, un’immagine, trarre un’ispirazione, oppure fare senza libri improvvisando. Come si poteva fare tutto questo su Internet?
Sono passati sette anni e adesso insegno solo online, salvo qualche eccezione importante e penso che online si possano fare cose incredibili e si possa risparmiare tempo e imparare con incredibili risultati senza sacrificare empatia, vicinanza, persino amicizia. Mi chiamano scuole di lingue con cui collaboro per tenere seminari in presenza, incontri intensivi che durano un fine settimana, a volte un solo pomeriggio. Ho insegnato scrittura creativa, insegno inglese a studenti francesi, o italiano a studenti di varie nazionalità. Insegnare in presenza è coinvolgente e a volte persino necessario. Ne sento il bisogno, ma la maggior parte del mio lavoro è online e ho assistito alla grande rivoluzione dell’insegnamento delle lingue che è avvenuta negli ultimi anni e che sta ancora avvenendo.
Online insegno inglese in Indonesia (e prima in Thailandia) per EWF GLOBAL, una charity creata da un insegnante inglese, Mark Coles per portare l’insegnamento dell’inglese ai bambini senza mezzi di alcuni villaggi asiatici che non potrebbero avere accesso a una istruzione più completa, ho insegnato in Libano, in India ( francese a uno studente indiano, usando l’inglese come lingua ponte), ad Haiti e in varie città degli Stati Uniti. Ho iniziato di recente un corso di training organizzato da THE HANDS UP PROJECT; un magnifico progetto creato da Nick Bilbrough che porta le storie e il teatro in inglese nelle scuole palestinesi. Nel frattempo ho studiato moltissimo, pensavo che aver iniziato a imparare l’ inglese a 5 anni, la laurea, il Proficiency e uno Scholarship fossero sufficienti? Mi sbagliavo, e molto. Viviamo anni che esigono una formazione continua. Ho preso il TESOL, uno specifico certificato da Online Teacher. Ho seguito due corsi di Business English e uno organizzato dal British Council per insegnare l’inglese ai bambini: Ho sostenuto l’esame IELTS e, a seguire, un corso per preparare gli studenti a sostenere questo esame nel modo migliore. Ho fatto e faccio molta fatica. Ho sostenuto colloqui come mai prima nella mia vita, è stato frustrante? Molto, a volte. Bellissimo, altre. Ci sono così tante scuole di lingue online che il mercato appare immenso, mobile e vastissimo. A volte li ho passati brillantemente ma offrivano una retribuzione oraria incredibilmente bassa, altre volte mi hanno rifiutato, a volte volevano solo insegnanti “NATIVE” e invece io sono una NON NATIVE TEACHER, così mi sono resa conto di una discriminazione a cui non avevo mai pensato. Mi sono iscritta ad una associazione che si chiama IATEFL, International Association Teacher of English as a Foreign Language e ho cominciato a seguire i meeting incontrando colleghi da tutto il mondo. In queste situazioni ho capito come ormai si parli di Inglese-Lingua Globale, Global English, o anche Inglese come Lingua Franca. I “nativi” sono una minoranza, dovremo tutti comunicare più che altro con “non nativi” e l’inglese è già e sarà sempre di più la lingua in grado di connettere il mondo globale e di consentire le sfide che impone. Poi ho cominciato a insegnare anche italiano agli stranieri. Sempre online Ho cambiato piattaforma, ho conosciuto lo studentessa spagnola con la cittadinanza svizzera al momento in Canada, quella di Boston e lo studente del Michigan e anche la mia lingua nativa si è trasformata in un caleidoscopio di nuove pronunce, visioni, prospettive.
Francesca Mazzucato
Scrittrice, traduttrice, consulente per case editrici italiane e straniere, dirige la collana dei Cahier di viaggio per Historica edizioni, è co-fondatrice della casa editrice digitale internazionale Errant Editions, tiene corsi di scrittura creativa, educazione alla lettura e di inglese per bambini. Ha collaborato a progetti con teatri e centri culturali italiani e stranieri sulla scrittura delle donne. Tradotta in Europa, USA e UK, collabora a magazine e riviste letterarie. Sulla sua opera sono state scritte alcune tesi di laurea. Ama Beckett, Marsiglia, Baremboim, tutti i romanzi di Harold Brodkey, la pioggia di Parigi, la Kunsthaus di Zurigo.