Come si riconosce un bravo attore? La guida di Marcus Geduld
Quando definiamo un attore o un attrice bravi, il più delle volte li giudichiamo in base a parametri soggettivi. Dal nostro punto di vista, sono degni discepoli della settima arte mentre per altri potrebbero non esserlo. Parola di Marcus Geduld, scrittore, insegnante, regista e storico del cinema nonché figlio d’arte: vive in quel mondo da quando era in fasce. Tempo fa ha stilato una sorta di elenco per giudicare, il più oggettivamente possibile, e per individuare le caratteristiche del bravo attore. Chi meglio di lui? Eppure, lo stesso Geduld è il primo che afferma che i parametri da lui individuati potrebbero non essere condivisibili da tutti.
Non c’è giusto o sbagliato. C’è solo la passione per il cinema e il proprio gusto personale. Certo, ci sono alcuni mostri sacri e gli italiani sono particolarmente affezionati ad attori che hanno fatto la storia del proprio cinema: non definire Marcello Mastroianni o Vittorio Gassman bravi attori, equivarrebbe quasi a dire un’eresia. Però, che ci crediate o meno, qualcuno lì fuori a loro preferisce altri. Inoltre Geduld puntualizza che, per farsi un’idea precisa dell’interpretazione di un attore bisognerebbe vedere la sua performance in lingua originale: per quanto il doppiaggio sia fatto a regola d’arte (e in questo ambito gli italiani eccellono), fare esperienza diretta della prova attoriale fornisce allo spettatore una visione globale del lavoro svolto sul personaggio, cosa che il doppiaggio potrebbe falsare o non far arrivare.
Al primo punto lo scrittore dice che: “Un bravo attore deve fargli credere che sta provando davvero ogni cosa che prova il suo personaggio: che sia l’esteriorità (se viene colpito da una pallottola) o interiore. Se un attore non è credibile, non sta facendo bene il suo lavoro“. Sicuramente, il pubblico è tra i giudici più inflessibili per gli attori: un’interpretazione posticcia viene subito smascherata e il film, seppur magari sia buono, perde di valore. Non è il caso di Marion Cotillard in Un sapore di ruggine e ossa: il suo personaggio ha appena perso le gambe in un incidente, e l’attrice francese rende realmente straziante la scoperta della menomazione.
Al secondo punto, Geduld dice che l’attore deve saper sorprendere: “È la regola più oscura, lo so, ma è importante. Non saper prevedere che reazione avrà a quello che avviene nel film. Pensate a come potrebbe reagire una persona quando il suo fidanzato o la sua fidanzata decide di mollarla. Ci sono così tanti modi attendibili per rappresentare una persona del genere, che non la facciano sembrare un alieno dai comportamenti assurdi e poco credibili. Uno dei compiti di un attore è conoscere l’estensione dei possibili comportamenti umani e la profondità dei propri. Lui o lei deve essere capace di tirarli fuori dal cilindro, di sorprenderci. Altrimenti, la sua recitazione diventa noiosa e ripetitiva“. Reagire con una faccia stupita in modo meccanico, effettivamente, non esalta e non colpisce. Quando, però, l’attore ci mette del suo, rielabora quell’emozione e la rende più condivisibile fa centro: come Jennifer Lawrence ne Il lato positivo. Il suo scatto di rabbia, pieno di energia, non lascia assolutamente indifferenti tanto da portare lo spettatore a pensare che quelle battute non potrebbero essere recitate differentemente.
Poi viene la vulnerabilità: “Un bravo attore è vulnerabile. I grandi attori condividono una parte di sé che molte persone tendono a nascondere. Sono sempre nudi (ok, alcuni lo sono in senso letterale, ma sto parlando di nudità emotiva). Un cattivo attore è guardingo. Non vogliono condividere la propria bruttezza, meschinità, gelosia, grettezza. È una cosa che si lega a quanto ho scritto prima: quando un attore si denuda, risulta sempre sorprendente. Questa specie di nudità, infatti, è molto difficile da simulare. Se avete la sensazione che un certo attore vi stia rivelando una parte di se stesso, è probabile che lo stia facendo davvero“. In una delle scene di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, vediamo il dialogo tra il colonnello Landa di Christoph Waltz ed Emmanuelle Mimieux/Shoshanna di Mélanie Laurent: il suo personaggio sta affrontando una dura prova in quel momento, è di fronte all’assassino della sua famiglia ma per portare a termine la sua vendetta, la ragazza fa finta di nulla e riesce a mantenere il riserbo sulla sua vera identità. Però, quell’armatura in più punti viene messa a dura prova dal colonnello, e la Laurent fa trasparire debolezza e dolore, celati da una freddezza cupa.
Al quarto punto, Geduld afferma che, sempre secondo lui, un attore deve saper ascoltare: “È affascinante guardare gli attori mentre non stanno parlando. Alcuni sono troppo concentrati su di sé o su alcuni dettagli – come ricordare la prossima battuta – per occuparsi esclusivamente di chi sta recitando con loro. Altri sembrano registrare ogni cosa. Potete osservare in che modo la conversazione li colpisca dal punto di vista fisico, come se le parole li stessero prendendo a schiaffi“. Effettivamente, durante un dialogo, quando uno dei due attori sulla scena è in silenzio, deve assolutamente partecipare allo scambio di battute e non semplicemente attendere il suo turno. Condividere anche la parte dell’altro, gli stati d’animo del personaggio con cui si sta recitando rende credibile non solo la scena, ma tutto il film. Lo dimostra Susan Sarandon in una scena tratta da Dead Man Walking con Sean Penn.
All’ultimo punto, Geduld mette in evidenza che oltre alle battute, l’attore deve saper recitare anche col corpo: “Un attore deve sapersi suonare come se fosse uno strumento. Cioè deve imparare a gestire la propria voce e il proprio corpo e metterli al servizio del ruolo che sta interpretando. Questo non vuol dire che debba avere addominali scolpiti o debba essere magro“. Non si può star fermi come manichini, trasmettere le emozioni anche tramite la comunicazione non verbale è un’altra imprescindibile abilità del bravo attore. Serve a caratterizzare il personaggio, e a rendere dinamica la scena che si sta recitando. Una delle scoperte della stagione televisiva del 2015 è stata, senza dubbio, Taraji P. Henson: in Empire interpreta Cookie Lyon, la ghetto girl che dopo diciassette anni in prigione, ritorna agguerrita a rivendicare ciò che è suo e a difenderlo. Le movenze e gli atteggiamenti che la Henson ha conferito al suo personaggio sono diventati, ormai, un marchio di fabbrica, e Cookie si è guadagnata un posto speciale tra le icone delle serie TV di successo.
Geduld conclude dicendo che, secondo lui, chi riusciva a soddisfare tutte queste caratteristiche era Philip Seymour Hoffman: “A mio parere, Philip Seymour Hoffman è stato un grande perché sapeva fare tutte e cinque queste cose. Aveva una bella voce e sapeva usare il suo corpo in maniera espressiva. Se guardate con attenzione, ascoltava sempre gli attori che erano sulla scena con lui. Le cose che dicevano lo condizionavano profondamente, e le sue reazioni tenevano organicamente conto di ciò che quel personaggio gli aveva detto o fatto prima di quella scena. Era anche profondamente vulnerabile. Sempre. Era la sua caratteristica più evidente. Sapevi sempre che quello che sarebbe venuto fuori da lui sarebbe stato onesto e vero. È stato proprio questo ad aver reso i suoi lavori sorprendenti e originali – oltre alla sua intelligenza e al suo acuto senso dell’umorismo. Non l’ho mai visto recitare in un modo che non fosse credibile“.
Inoltre, Geduld oltre a spiegare il ruolo di un attore nel successo di un film, tocca un tasto dolente: le trasformazioni fisiche degli attori: “Tenete conto del fatto che molte persone che non sono registi, attori o impallinati di cinema non hanno ben chiaro in che misura un bravo attore contribuisce alla riuscita di un film. Molte persone pensano che un attore sia bravo quando apprezzano il personaggio che interpreta. Ma in quel caso c’entra di più la sceneggiatura che la recitazione. Ancora, molti reputano bravo un certo attore perché per recitare una parte perde o acquista molto peso, o finge di essere disabile. Sono trovate notevoli ma non c’entrano con i compiti più importanti di ciascun attore“.
Il termine attore deriva dal verbo latino agĕre, agire: come a dire che il valore di un attore lo si dimostra sul campo, una presenza viva sulla scena che si mette a nudo. Il resto è solo spettacolarizzazione, o elementi accessori che completano il ruolo, ma che non gli forniscono un’anima.
Michela Conoscitore
Pugliese, classe 1985. Laureata in Lettere Moderne, con un master in giornalismo cartaceo e radiotelevisivo. Ha collaborato, nel settore Cultura e Società, in una redazione giornalistica della provincia di Foggia. Da sempre, esprime l’amore per la scrittura, raccontando storie e descrivendo avvenimenti. La semplicità è il suo principale obiettivo, che cerca di perseguire affinché, ciò che scrive, arrivi a tutti. Grande appassionata di cinema e serie TV, da due anni posta recensioni sul suo blog, Incursioni Cinemaniache. Ma non si ferma qui, perché il vero giornalista è un curioso a tutto tondo.