ART in PILLS Muoviti, muoviti: Giacomo Balla e Le mani del violinista
Oggi vi parlo di Le mani del violinista, un’opera del 1912 realizzata da Giacomo Balla. Giacomo Balla, pittore, scultore, fotografo (arte insegnatagli dal padre), scenografo, spesso e volentieri viene associato solo al movimento del Futurismo, fondato da Marinetti. In realtà l’artista romano fu, nella sua prima fase pittorica, uno dei protagonisti del Divisionismo italiano (Pellizza Da Volpedo, Morelli e Segantini sono alcuni dei nomi più noti), ma la sua passione per il colore, la partecipazione al Futurismo e la costante ricerca sul movimento lo portarono nei primi anni del Novecento a dare vita ad una serie di dipinti nei quali è esplicito l’intento di studiare in pittura la scomposizione del movimento di un oggetto (umano, animale o di una cosa).
Tra i tanti dipinti riferiti a questo tema (La ragazza che corre sul balcone e Il cane che corre al guinzaglio) Le mani del violinista mi hanno sempre affascinato per il fatto che, osservando il quadro si ha la percezione visiva del movimento che il musicista compie nel momento in cui dona vita alla musica. Il taglio dell’opera è preciso e ben definito, perché Balla rappresenta il momento in cui il violinista posiziona lo strumento all’altezza della spalla.
L’attenzione si concentra tutta sullo studio del dinamismo delle mani intente a suonare lo strumento a corda. Se si sposta lo sguardo dall’alto a sinistra, dove il violino e la mano sono ben definiti, verso il basso a destra, si nota una sorta di sfaldamento progressivo sia del violino che della mano. L’effetto non è casuale e non è la rappresentazione della scomparsa dell’arto del musicista, ma la scomposizione e la continuità -veloce- nello spazio del soggetto in movimento.
L’effetto ottico che il dipinto restituisce a noi osservatori è quello di veder scomparire la mano e il violino, ma in realtà c’è la rappresentazione pittorica della velocità del movimento delle mani del suonatore, così svelte nell’esecuzione musicale da non essere visibili in modo netto agli occhi di chi guarda. L’effetto di dinamismo caratterizzato dalle rapide e delicate pennellate a tratti accostati, richiamano un po’ il Divisionismo della prima fase pittorica dell’artista.
A livello cromatico il torinese Balla utilizza pochi colori (nero, marrone, giallo intenso con virate all’arancio e screziature di verde) che fondendosi tra di loro esprimono alla perfezione la velocità del movimento nello spazio. Le mani del violinista sono un dipinto, ma l’effetto di movimento e la dimensione spirituale che le caratterizzano, suscitano nella mente di chi osserva il pensiero – almeno a me- di sentir riecheggiare nella mente musica per violino.
Lo studio assiduo del movimento presente in opere come questa e il successivo approfondimento degli effetti della luce sui soggetti della realtà porteranno Giacomo Balla ad una fase sintetica, che abbandonerà poi, per un ritorno alla pittura figurativa.